Anne Frank, israelita, di famiglia benestante, nacque il 12 giugno 1929 a
Francoforte, ma, a causa delle persecuzioni naziste, nel 1933 fu costretta
ad emigrare con la famiglia in Olanda, ad Amsterdam, dove, nonostante la
guerra, visse un’infanzia felice fino al 1942.
Il 6 luglio di quell’anno Anne e la sua famiglia, insieme ad altri quattro
clandestini ebrei, per sottrarsi alla cattura da parte dei nazisti furono
costretti alla reclusione in una soffitta nell'"Alloggio segreto", situato
nello stabile di Prinsengracht al n. 263, dove vissero fino al 4° agosto
1944, giorno in cui, dietro denuncia, furono arrestati e deportati.
Anne era una ragazzina matura, animata da una forza morale superiore ai
suoi anni, confortata da una speranza e da ideali positivi, sognava di
diventare giornalista e scrittrice, ma il suo sogno s'infranse con
l’arresto e la deportazione, prima nel campo di concentramento di
Auschwitz e poi a Bergen Belsen, sulla Lüneburger Heide, dove giunse,
insieme alla sorella Margot, alla fine dell’ottobre del 1942, trasportata
con un cosiddetto "convoglio di evacuazione".
Ad Auschwitz Anne prese la scabbia e poco dopo si ammalò anche Margot,
perciò furono trasferite al Krafzebiok, la zona riservato agli
scabbiosi, dove la madre Edith le seguì.
…le ragazze Frank avevano un brutto aspetto, con le macchie e le vescicole
della scabbia, naturalmente, dappertutto, sulle mani e sulla pelle e li
sopra ci mettevano un po' di pomata, ma per il resto si poteva fare ben
poco. (Ronnie Goldstein-Van Cleef)1.
Rimasero qui probabilmente fino al 28 ottobre 1944, quando ormai imminente
era la fine del dominio nazista, poi, separate dalla madre, furono
condotte a Bergen-Belsen.
Questo campo di concentramento inizialmente era considerato uno dei campi
meno peggiori, perché non c'erano le camere a gas e serviva da transito
per gli ebrei destinati ad essere inviati in Palestina, dopo lo scambio
con gli ufficiali tedeschi prigionieri delle forze alleate, però si
trovava in un settore desertico e arido della landa della Luneburg Heide,
e vi si pativano ugualmente fame e freddo.
Denutrite, debilitate, stanche, quando Anne e Margot vi giunsero le
baracche non erano ancora pronte, perciò furono costrette a dormire al
freddo e all’umidità, sotto una tenda che una notte si sfasciò a causa
della pioggia e della tempesta, ma poi vi fu il trasferimento nelle
baracche, e la situazione migliorò leggermente.
Ancora Anne e Margot avevano fiducia se, come racconta una testimonianza:
…quelle due birichine e testarde» si davano da fare molto, insieme ad
altre donne e ragazze per aiutare un gruppo di bambini alloggiati al
blocco.(Janny)2.
Ed
ancora:
non eravamo troppo lontane dal cosiddetto campo libero. Non era permesso,
ma lo facevano. Per avere del cibo e dei vestiti da amici che speravano di
trovare li al campo, Anne e Margot ci andavano ed erano molto risolute.
Credo che li incontrassero qualcuno che conoscevano. Lo facevano e
tornavano molto entusiaste se avevano un pacchetto. (Rachel).3
Poi
fu la fine:
A un certo punto, negli ultimi giorni, Anne stava davanti a me avvolta in
una coperta e non aveva più lacrime... E raccontò che le bestioline nei
vestiti la facevano rabbrividire e che per questo aveva gettato via tutti
i suoi abiti. Eravamo nel cuore dell'inverno... Radunai tutto quello che
potevo trovare per darlo a lei, affinché fosse di nuovo vestita. E da
mangiare neanche noi avevamo molto... ma ho cercato di dare qualcosa della
nostra razione di pane ad Anne.(Janny)
Le ragazze Frank erano magrissime, avevano un aspetto terribile.
Bisticciavano a causa della loro malattia... Avevano i posti peggiori
della baracca, giù vicino alla porta» (Rachel).
4
La prima delle due sorelle a morire fu Margot, Anne morì il giorno dopo,
di tifo e di stenti, tra il febbraio ed il marzo del 1945.
Il 12 aprile 1945 il campo fu liberato dalle truppe inglesi.
In uno dei suoi quaderni un giorno Anne, quasi in triste presagio di ciò
che avrebbe dovuto affrontare nella sua vita, aveva annotato in francese:
Soit gentil et tiens courage! (Sii gentile e abbi
coraggio!).
Rimase di lei (oltre ad alcuni graziosi racconti per bambini: "Il saggio
Mago e altri racconti"), il "Diario", ancor più angoscioso di
quello di un vero e proprio prigioniero, scritto nel periodo di reclusione
nella soffitta, dal 1942 al 1944, iniziato quando aveva solo dodici anni,
rinvenuto e pubblicato dopo la guerra (inizialmente con tagli e ritocchi
operati dal padre, che ne mutarono lo spirito, nonostante egli sostenesse
il contrario, poi pubblicato integralmente), che costituisce un
nobilissimo documento di umanità e di gentilezza, di bontà e di speranza,
sbocciato come un fiore nell’orrido panorama di violenza e di morte di
quei tempi angosciosi, che testimonia il suo percorso evolutivo di
ragazza, attraverso i pensieri, i sentimenti, le emozioni, le riflessioni
nell’ "Alloggio segreto", ma che è anche un atto d'accusa dell'adolescenza
innocente, colpevole solo di non essere di razza ariana, contro
l’hitleriana follia antisemita.
Nel “Diario”, Anne Frank finge di rivolgersi a Kitty,
un'immaginaria compagna di giochi e confidenze, in realtà scrive per se
stessa, senza minimamente pensare che un giorno il mondo intero conoscerà
quelle pagine come documento letterario di eccezionale intensità: di qui
la sincerità e la bellezza del racconto, che si dispiega tra la vivacità
delle impressioni e le fini intuizioni psicologiche ma, soprattutto,
sostenuto dalla sua ferma convinzione dell’intima bontà dell'uomo, anche
quando era più difficile credervi, da intatta fiducia nel genere umano e
speranza nell’avvenire, mantenute fino alla fine dei suoi giorni.
Al suo diario segreto, documento umano di alto valore psicologico, morale
e civile, ogni giorno, pur vivendo fra l’ansia e il terrore, tremando ad
ogni inconsueto rumore, paventando l'annuncio della morte ritenuta ormai
certa, Anne affidava le riflessioni, i propositi, i sogni, le emozioni, i
sentimenti, le idee, anche le considerazioni sui rapporti conflittuali che
univano la piccola comunità segregata, e tutte le altre pulsioni che
agitano qualunque ragazza nel corso della sua evoluzione.
Nel "Diario", in cui partecipa al dolore di milioni di uomini,
evidente traspare la certezza di non essere una creatura travolta da una
misteriosa forza avversa, ma una vittima sacrificata per alti ideali:
l’affermazione di un'umanità più civile e più buona e l'avvento di una
società in cui regnino ordine, serenità e pace.
Ed è proprio la parola "pace", così spesso ripetuta in quelle pagine, che
colpisce e commuove particolarmente, perché spicca come un fiore
immacolato sui rossi orrori dell'efferato periodo in cui Anne fu costretta
a vivere e a morire.
Mercoledì, 10 marzo 1943
Cara
Kitty ,
ieri sera abbiamo avuto un corto circuito e poi hanno sparato senza sosta.
Non sono ancora riuscita a liberarmi dalla paura degli spari e degli
aerei, e quasi ogni notte vado nel letto di papà per farmi consolare.
Forse sarà un comportamento molto infantile, ma dovresti vedere! Non senti
neanche quello che dici, tanto tuonano i cannoni! Mrs. Beaverbrook, la
fatalista,si è messa subito a frignare e ha detto con una nocetta
impaurita: « Oh, che sgradevole, oh, quanto sparano!! » che in verità vuol
dire: ho una paura tremenda .
Al lume di candela non sembrava così grave come poi al buio. Tremavo come
se avessi la febbre e ho implorato papà di riaccendere la candela. Ma è
stato irremovibile, la candela è rimasta spenta. D’un tratto sentiamo il
fuoco delle mitragliatrici, che sono ancora dieci volte peggio dei
cannoni...
Tua
Anne
Venerdì 24 dicembre 1943
Quando penso a come ce la caviamo bene qui e mi paragono ad altri bambini
ebrei e " zu Tode betrüht " per esempio dopo che è stata qui la signora
Kleiman e ha raccontato di Jopie che gioca a hochey, fa canottaggio, va al
teatro e prende il tè con gli amici.
Non penso di essere gelosa di Jopie, ma avverto il forte desiderio di
divertirmi una volta anch'io, e di ridere fino a farmi venire il mal di
pancia. Soprattutto adesso in inverno, nei giorni di vacanza di Natale e
Capodanno, ce ne stiamo qui come poveri emarginati. Però non dovrei
scrivere queste cose, perché rischio di sembrare ingrata, ma non posso
neppure tenermi tutto dentro, e richiamo le parole con cui ho
incominciato: "la carta è paziente".
Quando qualcuno arriva da fuori coi vestiti intrisi di vento e il viso
fresco vorrei cacciare la testa sotto le coperte per non pensarci. Quando
ci sarà concesso di tornare a respirare aria fresca? E visto che non posso
nascondermi sotto le coperte, ma devo invece restare salda, i pensieri
vengono, non una, ma molte, innumerevoli volte.
Credimi, quando te ne stai rinchiuso per un anno e mezzo, a volte sei
proprio stufo. Lasciamo perdere un momento la giustizia e l'ingratitudine:
i sentimenti non si possono mettere da parte. Andare in bicicletta,
ballare, fischiettare, osservare il mondo, sentirmi giovane, sapere di
essere libera, ecco che cosa vorrei, eppure non posso darlo a vedere,
perché pensa un po' se tutti e otto cominciassimo a lamentarci e
diventassimo insofferenti, dove andremmo a finire? A volte penso: qualcuno
qui dentro mi capirà? Saprà vedere al di là dell'ingratitudine,
dell'essere ebrei o meno, e considerarmi solo per la ragazzina che sono,
che ha tanto bisogno di divertirsi? Non lo so e non potrei nemmeno
parlarne con qualcuno, perché sono sicura che mi metterei a piangere. Il
pianto alleggerisce, quando si ha una persona a cui piangere sulla spalla.
...Ma ora basta. Prima ero " zu Tode betrüht ", ma scrivendo mi è un po'
passato!
Carissima Kitty,
come ti ho già scritto più volte, qui tutti abbiamo problemi di umore e,
soprattutto per quanto mi riguarda, temo che questo tormento negli ultimi
tempi sia molto peggiorato. Himmelhoch jauchzend, zu Tode betrüht6,
mi sembra un verso che si adatta bene. Sono "himmelhoch jauchzend"
Tua
Anne
Lunedì 27 dicembre 1943
Cara
Kitty,
venerdì sera, per la prima volta nella mia vita, ho ricevuto un regalo di
Natale. Le figlie di Kleiman e di Kluger avevano di nuovo preparato una
bellissima sorpresa.
Miep ha fatto una bellissima torta su cui ha scritto "pace 1944", Bep ha
procurato mezzo chilo di biscotti di qualità prebellica.
Per Peter, Margot e per me c'era un barattolino di yogurth e per gli
adulti una birra a testa. Tutto era impacchettato benissimo come di
consueto e sui pacchetti c'erano scritti i nomi. Per il resto i giorni di
Natale sono passati in fretta.
Anne
Giovedì, 15 giugno 1944
Cara
Kitty,
…Sarà perché non metto il naso fuori da tanto tempo, che tutto quello che
riguarda la natura mi fa impazzire? Ricordo benissimo che prima un cielo
azzurro limpido, un cinguettio d'uccelli, il chiaro di luna e i fiori non
riuscivano a mantenere a lungo il mio interesse. Qui è cambiato, a
Pentecoste per esempio, quando faceva cosi caldo, mi sono sforzata di
tenere gli occhi aperti fino alle undici e mezzo di sera per poter
guardare bene e da sola la luna dalla finestra. Purtroppo i miei sforzi
sono stati inutili, dato che la luna era troppo luminosa e non si poteva
rischiare di aprire la finestra. Un'altra volta, sempre diversi mesi fa,
per caso ero di sopra una sera che la finestra era aperta. Non sono
tornata giù prima che finisse l'ora d'aria. La serata scura e piovosa, il
vento e le nubi che si rincorrevano mi tenevano prigioniera; per la prima
volta dopo un anno e mezzo avevo rivisto dal vivo la notte. Dopo quella
sera il desiderio di rivederla ancora una volta è diventato più grande
della paura dei ladri, dei ratti al buio o degli assalti. Andavo giù sola
soletta a guardare dalla finestra dell'ufficio privato e della cucina.
Molte persone amano la natura, molti dormono anche all'aperto o, chiusi in
prigione o in ospedale, desiderano rivedere la luce del giorno, tornare a
godere liberamente della natura, ma pochi sono cosi isolati da quello che
è uguale per i ricchi e per i poveri…
Tua
Anne M. Frank
Sabato, 15 luglio 1944
Cara
Kitty,
…è molto strano che io non abbia abbandonato tutti i miei sogni perché
sembrano assurdi e irrealizzabili. Invece me li tengo stretti, nonostante
tutto, perché credo tuttora nell'intima bontà dell'uomo.
Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria e
della confusione. Vedo che il mondo lentamente si trasforma in un
deserto,sento sempre più forte il rombo che si avvicina, che ucciderà
anche noi, sono partecipe del dolore di milioni di uomini, eppure, quando
guardo il cielo, penso che tutto tornerà a volgersi nuovamente al bene,
che anche questa durezza spietata finirà, e che nel mondo torneranno
tranquillità e pace…
Tua
Anne M. Frank
1)
Anne Frank, Diario, Einaudi, Torino, 1993.
2)
op. cit.
3)
op. cit.
4)
op. cit.
5)
op. cit.
6)
"Osannante di gioia, mortalmente triste", da "Egmont" di J. W. von Goethe.
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