Virgo virago

Akkuaria, gennaio 2008

 

 
 

Piergiorgio Cavallini

PREFAZIONE

 

2003: Donna non sol ma torna musa all'arte, 2004: Donne protagoniste, 2007: Virgo Virago, il tutto nel contesto generale d'un interesse dichiarato per la letteratura "al femminile", come dimostra l'omonimo sito Internet ideato e curato dall'Autrice. Già i titoli dei lavori ci dànno un'idea della successiva specializzazione del percorso, e mette conto - come istanza preliminare - chiamare a raccolta lo stuolo di dominae fin qui tolte dal dimenticatoio, o comunque riproposte, da Francesca Santucci nella sua trilogia, perché più d'ogni altra argomentazione ci faranno capire l'evoluzione del suo approccio alla materia. Se in Donna non sol ma torna musa all'arte l'interesse s'era concentrato su: Anonima, Saffo, Erinna, Anite, Nosside, Maria di Francia, Beatrice Contessa di Dia, Compiuta Donzella, Christine de Pizan, Veronica Gàmbara, Vittoria Colonna, Isabella Morra, Gaspara Stampa, Louise Labé, Lesbia Cidonia, Olympe de Gouges, Eleonora De Fonseca Pimentel, Jane Austen, Mary Wollstonecraft, Elizabeth Barret Browning, I Brontë ed Emily Brontë, Emily Dickinson, Mariannina Coffa, Neera, Contessa Lara, Ada Negri, Grazia Deledda, Sibilla Aleramo, Florbela Espanca, Paola Masino, Lalla Romano, Sylvia Plath, autrici letterarie, dunque, con la precisazione dell'Autrice stessa che il libro voleva essere "una piccola guida informativa che possa condurre alla scoperta dell'affascinante universo letterario femminile …" e che in esso "sono presenti … autrici, scrittici e poetesse tra le più rappresentative ed interessanti dei secoli in cui hanno operato", scelte con un criterio affatto soggettivo, perché "ognuna di loro mi ha insegnato qualcosa, a tutte le loro vicende personali mi sono appassionata e tutte le ho amate, perché dietro ogni verso, ogni rigo, ogni sola parola, ho trovato celati un dolore, una lacrima, una sofferenza, un’insofferenza, una protesta, un’inquietudine, una disperazione, un grido di solitudine, un canto d’amore"; se in Donne protagoniste oggetto della curiosità di Francesca erano state Cleopatra, Teodora, Giovanna d'Arco, Artemisia Gentileschi, Judith Leyster, Rasalba Carriera, Madame de Pompadour, Angelica Kauffman, Elizabeth Vigée Le Brun, Luisa Sanfelice, Contessa Clara Maffei, Contessa di Castiglione, Elizabeth Gazskell, Berthe Morisot, Mary Cassatt, Eleonora Duse, Camille Claudel, Machesa Luisa Casati, Tina Modotti, Jeanne Hèbuterne, Tamara De Lempicka, Elfriede Lohse-Wächtler, Frida Khalo, Maria Callas, Marylin Monroe, Pierina Morosini, Rihab Taha, Meena, precisando l'Autrice: "… volutamente sono state tralasciate le donne più famose … e privilegiate quelle meno conosciute … quelle cadute nell'oblio … quelle più scomode … e quelli di cui è possibile offrire un diverso aspetto … pittrici e scultrici …"; qui, in Virgo Virago, ci vengono proposte - assieme a Proserpina, Medea, Lucrezia, Boudica, Betsabea, S. Agata, S. Orsola, S. Barbara, Trotula, Eloisa, Ildegarda, Lisabetta, Francesca, S. Caterina, Giovanna II, Ofelia, Beatrice Cenci, ovvero " 'antiche' donne variamente violate, ferite nel corpo e nell’animo, dall’ignoranza, dal preconcetto … dalla violenza, dalla ferocia, dalla barbarie … realmente esistite, esistite solo nella fantasia, donne comunque stra/ordinarie" - per la prima volta su tre opere, alcune prospettive d'assieme (donne nell’antichità, la condizione delle donne nel Medioevo e il massacro delle donne), dove il discorso si sposta dal particolare al generale. Siamo passati, dunque, dall'interesse puramente personale del primo lavoro, una sorta di racconto di cose lette trovate coinvolgenti, anche in un'ottica dialettica tra scrittura maschile e scrittura femminile, e riproposte al lettore filtrate dalla sensibilità dell'Autrice, ad un intervento più consapevole nel secondo, finalizzato a riproporre figure, diciamo secondarie o, meglio, marginali rispetto alla letteratura ufficiale, e pertanto consapevolmente vòlto a rendere giustizia di un atteggiamento "maschilista" di monopolizzazione delle lettere e delle arti, per giungere ad un intervento di più ampio respiro, dove viene meno l'interesse per la produzione propriamente artistica-letteraria, privilengiandosi invece la figura femminile (non importa se reale o mitologica) per dar corpo ad una vibrante protesta sulla condizione della donna nell'antichità, nel medioevo e financo ai nostri giorni, nel terzo. Ma c'è anche un'altra evoluzione che non sfugge a chi, come me, ha seguìto sin dall'inizio l'iter produttivo e redazionale di Francesca Santucci. Se la prima fatica era, come ho detto, eminentemente divulgativa, la seconda andava più a fondo nell'informazione bio-bibliografica, questa terza si presenta come un vero e proprio saggio, con un esaustivo apparato di note.
Ma veniamo al titolo: la paronomasia - Virgo Virago - riassume, con una sintesi pregnante, la duplicità del modus sentiendi dell'antichità nei confronti della figura femminile. Se posso permettermi una breve digressione etimologica, dall' i.e. *wīros ci vengono il sk. vīrás, l'av. vīrō, il lat. vir, l'umb. veiro, l'a.irl. fer, il gall. gwr, il got. wair, l'a.isl. verr, l'ags wer, il lit. výras, il pruss. wijrs e il TA wir. Dal latino vir, a sua volta, ci viene virago, che dal vir sembra derivare. Secondo la Volgata di San Girolamo ("dixitque Adam hoc nunc os ex ossibus meis et caro de carne mea haec vocabitur virago quoniam de viro sumpta est") virago sarebbe, sic et simpliciter, la donna, ma questo pare essere un apax. Se andiamo a scomodare Isidoro di Siviglia, Etymologiarum sive originum libri XX, troviamo nel Liber XI "[21] Virgo a viridiori aetate dicta est, sicut et virga, sicut et vitula. Alias ab incorruptione, quasi virago, quod ignoret femineam passionem. [22] Virago vocata, quia virum agit, hoc est opera virilia facit et masculini vigoris est. Antiqui enim fortes feminas ita vocabant. Virgo autem non recte virago dicitur, si non viri officio fungitur. Mulier vero si virilia facit, recte virago dicitur, ut Amazona. [23] Quae vero nunc femina, antiquitus vira vocabatur; sicut a servo serva, sicut a famulo famula, ita a viro vira. Hinc et virginis nomen quidam putant". In breve, da vir, uomo, abbiamo virago, la donna che si comporta da uomo e, se non prendiamo per buona l'etimologia del virgulto o della vitella per la vergine, la virgo, per la quale possiamo ipotizzare un'usura del termine virago con conseguente sincope vocalica e passaggio semantico da colei che si comporta come un uomo a colei che ancora non ha conosciuto l'uomo (vergine, appunto). La donna "biologica", sempre secondo Isidoro, loco citato, è mulier: "[18] Mulier vero a mollitie, tamquam mollier, detracta littera vel mutata, appellata est mulier. [19] Vtrique enim fortitudine et inbecillitate corporum separantur. Sed ideo virtus maxima viri, mulieris minor, ut patiens viri esset; scilicet, ne feminis repugnantibus libido cogeret viros aliud appetere aut in alium sexum proruere. [20] Dicitur igitur mulier secundum femineum sexum, non secundum corruptionem integritatis: et hoc ex lingua sacrae Scripturae. Nam Eva statim facta de latere viri sui, nondum contacta a viro, mulier appellata est, dicente Scriptura (Genes. 2,23): 'Et formavit eam in mulierem.'". Da noi la mulier è diventata moglie, ma altrove nella Romània è rimasta donna, ad esempio nello spagnolo mujer, nel portoghese mulher, nell'aragonese mullé (muller). Ma il passo avanti dei Romani (recepito anche sul piano linguistico) a livello d'atteggiamento nei confronti della donna, sta appunto nell'aver iniziato a sostituire alla biologica mulier la domina, vista dunque in una seppur limitata sfera di imperium, e via via affrancata dalla manus del pater familias, domina da cui, ancora una volta per usura e per sincope vocalica, è venuta fuori la nostra donna.
Ma meglio di me parla di questi argomenti Francesca Santucci nella sezione "Donne nell'antichità", dove passa in rassegna la condizione di vita della donna greca, spartana ed ateniese, di quella della Roma repubblicana e della Roma imperiale, per finire alle condizioni della donna celtica. La sua analisi prosegue, inframmezzata da singole biografie, nella sezione relativa alla condizione delle donne nel Medioevo, dove il suo interesse s'appunta sia sull'Alto, sia sul Basso Medioevo, con un'enfasi particolare sulle leggi federiciane e sulla mentalità progressista che esse rispecchiano. Quel che statuisce l'uomo "che cambiò il mondo", come lo definisce H. M. Schaller: "De la violentia facta a meretrice / OMNES NOSTRO REgimini. Comanda lo Imperatore che nullo sforze la meretrice a la sua voluntà, et si contrafarà sia privato del capo. Però questo è vero si se lamenterà infra octo giorni, altramente non pare li sia facta forza, excepto se in quilli octo giorni non stesse in sua libertà. (I 21). / CAPITALEM. Comanda lo Imperatore che si alcuno stuprasse o furasse una vergine, vidua, sposa o maritata, overo si alcuno nascondesse lo rapitore, deve essere privato del capo, cessante quella antiqua consuetudine che voleva che, si lo rapitore la pigliasse per mogliere, non fusse tenuto ad alcuna pena. (I 22. I)" dovrebbero andarselo a rileggere ed assimilarlo, mutatis mutandis, certi odierni giudicanti e certi politicanti "nostrani".
Un ultimo accenno alla terza sezione generale, quella sulle streghe ("Il massacro delle donne"). Si tratta a mio parere della parte più approfondita ed interessante del libro, che fornisce un quadro chiaro e preciso del passaggio da una superstizione a qualcosa di più tragico, l'inquisizione, con quella sinistra scia d'assassinî che comportò. Strega da stria, a sua volta da strix (la "strige immonda" di belliniana memoria), uccello mitologico notturno che succhiava il sangue e mangiava carne umana, stava con le zampe in alto e la testa in basso (come i vampiri, o pipistrelli nostrani, con evidente parentela semantica con i succiacapre o tettavacche e con i chupacabras americani) ed era frutto di metamorfosi di persone che avevano attuato il cannibalismo. Da stria all'italiano strega, al rumeno strigoaicǎ e all'albanese shtriga il passo è breve. Da strix viene anche il nome scientifico della famiglia degli strigidi (o Strigidae), uccelli rapaci cui appartengono quelli del genere Strix (allocchi). Celebri, infine, le streghe di Triora, e famoso il processo del 1588, le bàggiue, termine che non ci vuole molto a ricondurre al rospo (bàggiu) e alle "fate intese a malefici con cibi e con bevande affatturate ... chi sa quali fate, e in chi sa quali tenebrosi offici!". Sopravvivenza di antichi culti pagani, sopravvivenza dell'antico fino ai giorni nostri, tradizioni - per fortuna - dure a morire, come attesta ancor oggi un proverbio della Valdivara, in provincia della Spezia, da dove scrivo "ciöve o mia u su, e strie fan l'amù".
Grazie a Francesca Santucci per avermi dato l'occasione di dire queste cose, grazie per tutto quello che scrive e grazie a chi avrà avuto la pazienza di lèggere queste mie divagazioni.

 

Pier Giorgio Cavallini, La Spezia, 24 novembre 2007

 

 

 

 

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