Di quanto mi accadde quello
strano giorno mai a nessuno racconterò, lo confiderò solo a
queste pagine, che saranno le uniche a sapere del mio
accadimento e delle mie emozioni, che variarono dallo stupore,
all’incredulità, al timore.
Era un tiepido giorno di settembre, e l’amore
per la mia terra, con i suoi incantevoli scenari naturali, fra
monti, boschi, valli meravigliose, fiumi, torrenti e laghi,
nelle cui acque si riflettono i paesaggi incantanti delle
montagne, combinata con la passione per le escursioni
solitarie e il senso di libertà che mi trasmettono, mi avevano condotto in lunga
passeggiata ad un luogo che ancora non avevo esplorato, dove
c’è un lago particolare, dal nome molto suggestivo, “Il Lago
delle Ninfe”, ma che mi lasciava un po’ scettico perché
sapevo essere non un lago naturale ma un bacino artificiale,
formato dalla costruzione di un diga per produrre energia
elettrica dall’acqua, sbarrando il torrente
e
sommergendo l’antico paese.
Spesso avevo sentito dire che, anche se l’origine non
è naturale, il
laghetto alpino, di un colore blu e verde scintillante,
circondato e abbracciato dal Monte Cristallo, s’incastona
perfettamente nel paesaggio, come se da sempre ne facesse
parte, ma io amo troppo tutto ciò che era naturale, e quel
termine, “artificiale”, mi lasciava dubbioso.
Il lago si trova oltre 1.300
metri di altitudine, in un’incantevole valle popolata da rare
baite
e numerosi alpeggi, e rallegrata da sorgenti purissime e da
una spettacolare cascata a strapiombo. Tante le storie
che circondano questo luogo affascinante. Secondo una leggenda
è infestato dalle streghe che, non di rado,
provocano terribili inondazioni nella valle, distruggendo
pascoli e campi coltivati.
Un’altra storia, poi, si lega a
un’antica miniera situata in prossimità del lago, dove di
notte vi lavorerebbero degli gnomi-minatori per estrarre l’oro
da portare alle ninfe, che lo utilizzerebbero per ricavare dei
fili dorati con i quali ricamare i loro abiti leggiadri. Con
gli avanzi, poi, le ninfe creerebbero per le fate la
polverina magica che le aiuta a volare, e che, cadendo sul
lago, lo fanno brillare al sole. In cambio donerebbero
agli gnomi marmellate di frutti di bosco, di cui gli omini
sono particolarmente ghiotti. E ancora un’altra leggenda narra che, quando gli gnomi-minatori sentono arrivare qualcuno, si
immobilizzano e diventano statue per non essere riconosciuti. Incuriosito dal lago e dalle sue
leggende, decisi, perciò, di mettermi in cammino per andare a
vederlo con i miei occhi. Per raggiungerlo mi sarei diretto
prima al
paese in fondo alla valle e poi avrei imboccato il
grande sentiero che conduce al Monte Cristallo. Conoscevo già la zona, un’ area
particolarmente ricca di alberi, piante e fiori, diversi via
via che si sale in altitudine, con boschi misti di aceri,
frassini, querce, castagni, noccioli, più a monte con
faggete, abeti bianchi e rossi, larici, ontani, e, infine,
conifere, come il pino silvestre e il pino cembro e mugo, con
il sottobosco ricco di cespugli di mirtilli e lamponi,
abbondanza di funghi, soprattutto porcini e gallinacci, e i
prati costellati in primavera da anemoni, viole, rose canine,
denti di leone, ginestre, ciclamini, gigli, genziane, ancora
più in alto regno di sassifraghe, muschi e licheni, luogo
bellissimo, privo soltanto di stelle alpine, impossibili da
trovare poiché prosperano su terreno calcareo, qui quasi
inesistente.
Godetti
nell’interezza del piacere dell’escursione, avventurandomi in
percorsi che amavo e, seguendo le indicazioni, non faticai
molto ad arrivare alla meta della mia gita, il Lago delle
Ninfe, che mi apparve subito come una magica visione,
collocato in uno scenario da sogno.
Immerso
nei boschi di conifere, con le sue acque
smeraldine riflettenti la vegetazione
circostante, era splendido!
Mi attardai a
contemplarlo e compresi nell’interezza il motivo della sua
fama, dovuta a quelle acque che davvero sembravano magiche. Se
socchiudevo gli occhi i mille scintillii del sole sulle acque
si trasfiguravano e parevano assumere eteree sembianze
femminili, forse proprio quelle delle ninfe. Rinfrancato
lo spirito dallo spettacolo della natura che, sempre,
m’imprime grande commozione e infinita serenità, aprii lo
zaino, presi una piccola coperta, la distesi sull’erba e mi
sdraiai, a contemplare in libertà e solitudine quelle acque
incantevoli, e a fantasticare. Mi ricordai che quel lago
era sorto sullo sbarramento del torrente, fu l’ultimo
pensiero, poi scivolai in una sorta di torpore, come avvinto
da un incantesimo. Ora era notte, ma in un punto lontano del lago scorsi un
brillio. Cauto mi avvicinai, e vidi un gruppo di giovinette,
non ragazze dei nostri tempi, sembravano uscite dai libri di
fiabe, fasciate alcune di tuniche verdi, altre di tuniche
azzurre, con veli iridescenti, ricamati con fili dorati che si
dipartivano da ghirlande di fiori multicolori intrecciati che
adornavano i loro lunghi capelli. Erano sedute intorno a un
fuoco.
Senza esser visto, ne
ascoltai i discorsi e compresi chi erano e dove vivevano.
Erano, quelle vestite in verde le ninfe dei boschi, quelle
vestite in azzurro le ninfe dei laghi, e parlavano del
torrente, sbarrato dalla
mano umana per la costruzione del bacino artificiale. Pur se impedito, intrappolato,
ostinato, quello tentava di riprendere la sua naturale corsa,
ma invano. A impedirglielo c’era, ormai, da tempo, il Lago
delle Ninfe, creature che sanno essere buone, amiche,
dispensatrici di benefici, ma anche tremendamente vendicative
se fortemente contrariate. E, infatti, ora erano adirate con
il torrente, che avrebbe voluto annientare il lago per
riappropriarsi del suo legittimo corso, e in quel loro
convegno le sentii giurare sugli dei del cielo, del mare e
della terra che un giorno si sarebbero vendicate: avrebbero
sollevato fino al cielo le acque del lago e avrebbero reso
muto per lo spavento il torrente, così nessuno più per
l’eternità lo avrebbe sentito gorgogliare. Scagliata la
maledizione, passata la furia, ridiventarono buone e si
affrettarono a consegnare in dono marmellate di ribes e di
lamponi a un gruppetto di nani-minatori, appena arrivati con
dell’oro, poi si congedarono fra loro. Le ninfe dei boschi e
delle foreste svanirono nella vegetazione, quelle delle acque
si tuffarono precipitosamente nel lago, producendo dei cerchi
nelle acque e lasciando fiori delle loro ghirlande dispersi a
galleggiare.
Non so quanto tempo rimasi stralunato, ma quando tornai in me,
riemerso non da un sogno, perché so per certo di non essermi
addormentato, ma da qualcos’altro di cui ignoro la natura, ero
profondamente turbato: troppo reali erano stati quei discorsi
e l’impeto con cui le ninfe avevano scagliato. la maledizione.
Sussultai. E se avessero
attuato la loro vendetta? E se avessero sollevato le acque
fino al cielo proprio adesso?
Convenni
cosa saggia allontanarmi subito dal luogo- anche perché
imbruniva e non volevo farmi sorprendere in montagna dalla
notte- e tenere segreta la fantasia che, forse ,suggestionato
dalle leggende valligiane e dall’incanto del luogo, la mia
mente fervida aveva partorito.
Velocemente mi affrettai a tornare sui miei passi, non prima,
però, di aver dato un ultimo sguardo al lago. Con mio
grandissimo stupore notai sulle acque, qui e là, degli strani
cerchi e galleggiare dei fiori, mai visti nella realtà, ma
simili a quelli che adornavano le ghirlande delle creature
della mia fantasticheria. Ma il fatto singolare è che,
qualche giorno dopo la mia gita, lessi sul giornale la notizia
che alcuni visitatori avevano riferito di aver visto nel Lago
delle Ninfe esattamente ciò che avevo notato io: degli strani
cerchi e dei fiori insoliti per la vegetazione del posto
galleggiare. Nessuno mai seppe spiegare la causa di quello strano
prodigio.
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