Francesca Santucci

L'ultimo viaggio

Facile sarebbe dirsi “parto,
ogni cosa lascio, raduno
qualche oggetto (quasi nulla),
affastello, in valigia, pochi effetti,
e vado
...". Il cuore, alleggerito,
allogherebbe affanni e pene
in anditi più angusti ... e me n'andrei.
Sarebbe ultimo viaggio.

(L'ultimo viaggio, IL FOGLIO, ottobre 2002)

 

Tutte le gamme dei sentimenti, di varia intensità, tutti gli aspetti della natura, dai più fragili, lievi e teneri ai piu' sconvolgenti, il dramma della solitudine e dell'incomunicabilità fra gli esseri, la fine dell'amore, degli amori. Natura, cultura e mito coesistono in questa Poesia cosmica e universale.
Lo stile e' unico e inconfondibile.
I moduli classici acquisiscono una morbida levità sotto il tocco femminile della penna di Francesca Santucci e si animano di immagini vive che irrompono prodigiose.
La femminilità del sentire, l'atteggiamento talvolta teneramente passivo di attesa e di accoglienza, il languore di certi istanti di voluttà sono tratteggiati con una delicatezza esemplare, che nulla concede alla licenziosità e alla morbosità. Non viene mai meno la fusione armoniosa con la natura e con l'universo e la plastica sensualità delle immagini è tutt'uno con la profonda modulazione interiore del canto.
Micro-cosmo nel macro-cosmo, ogni palpito umano ("Segnali"), ogni manifestazione di vita nella natura, dove natura ed uomo subiscono lo stesso destino di smarrimento, solitudine, delusione, sofferenza, vuoto, ma vivono ("Sorella").
Straordinari sono "i poemi del mare", archetipo ed emblema della vita per tutti i poeti, ma che nella raccolta di Francesca Santucci si arricchiscono di nuove accezioni: l'onda solitaria controcorrente, il frutto di mare che vorrebbe il bacio della spuma dell'onda, ma cola a picco nell'abisso buio.
Universo senza speranza?
No. La potenza di Amore irrompe improvvisa ad animare la vita, e le lacrime si trasformano in sorriso. Il canarino e il gatto "sentono" che qualcosa è cambiato nell'intimità e partecipano di questa rinata speranza con la loro vivacità e i fiori del giardino brillano di nuovi colori.
Bella l'invocazione alla luna ("Luna"). La musica sommessa delle parole di invocazione è una melodia che ci culla e che ci fa partecipi di un mondo magico, dove solo ai fanciulli ed ai poeti e' dato vivere. E Francesca Santucci Poeta lo è davvero. La sofferenza, il desiderio, la fuga, l'ansia di assoluto, l'angoscia esistenziale, la disperazione, l'amore dell'amore e l'eccesso d'amore, la passione dolorosa e tragica ("Furia d'Amore"), l'assenza dell'altro, sia nella vicinanza che nella lontananza ("Passi nella notte"), la tristezza che ci si illude di colmare con l'amore, la febbre del desiderio sullo sfondo infernale di notti d'estate, ci restituiscono la vicenda umana nella sua completezza e nella sua varieta' di moti, ma quest'Artista ci fa dimenticare squallori, miserie, ansie, tutte ricomposte nella straordinaria bellezza delle immagini e nell'armoniosa musicalità del canto interiore.
Anche noi ci afferiamo al "raggio più lucente" della Luna, in un "ultimo viaggio", che nulla di macabro possiede, visto con questi occhi ed esperito con questa sensibilità.

Antonia Chimenti, Toronto, 11 marzo 2006

 

 

Back