Francesca Santucci

 

Spero che dolce sonno sia la morte

               A mia madre            


 

Spero che dolce sonno sia la morte,

che l’ali sue distenda a ripararti

perché non oda, tu, il tarlo roditore

che rode e che corrode il tuo bel corpo

che a arrugginire nella fossa giace.

 

Ti sia lieve, davvero, madre, la terra,

che ti riscaldi tiepida  dall'infinito gelo

delle notti, che l'una dopo l'altra,

senza tregua,  si susseguiranno, l'oro dei capelli

mutando  in stinto avorio,  cambiando in vuota orbita

colore d'ossa opaco il verde cangiante

dei tuoi occhi, allora luminosi.

 

Ancora di sole un raggio (almeno uno)

ti risplenda, come il batterio implacabile

che infetta la ferita

pervenga a violentarti

e ti brilli sulle labbra 

(che sempre penso morbide

e rosse e calde)

come un sorriso, come un bacio,

come quel bacio che, tremante d'amore,

deponevo io, bambina, tua figlia,

ora solo grumo di sangue, 

inconsolabile per il tuo dolore.

 

 

(dall'antologia di poesie italiane contemporanee "Sensazioni d'autore", Kimerik, aprile 2006)

 http://www.kimerik.it/scart/ordine.asp

 

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