Qualsiasi donna, ricca o povera, patrizia o plebea, indigena o straniera,
purché incinta, bussi e le sarà aperto.
Così recita la lapide che si trova sul muro del Chiostro di Santa Maria
delle Grazie a Caponapoli, la collina che fu l’Acropoli della Città
greca. Maria Longo, spagnola naturalizzata napoletana, la
fece apporre
agli inizi del sedicesimo secolo, per ricordare lo spirito che l’aveva
portata a fondare uno dei primi ospedali moderni nel cuore di Napoli.
All’interno del nuovo, grande complesso
ospedaliero, ella volle privilegiare la cura e il soccorso alle donne
incinte e con patologie della sfera genitale.
Napoli, Madre dal cuore grande ed accogliente. Napoli, capoluogo di una
regione ricca di tante Madonne che invoca e celebra con devozione e
amore filiale.
La Madonna (Mamma)
d'o Carmine che ricorre continuamente in esclamazioni ed invocazioni e
alla quale ci si affida nei momenti di pericolo o di speranza arricchendo
l’invocazione con l’aggettivo “Bella”, “ Chella bella Mamma do Carmine”;
la Madonna di Piedigrotta, l'Odigitria che indica il cammino, la
Madonna di Montevergine, la Mamma Schiavona discendente diretta di
Cibele,
la Grande Madre (il suo Santuario, in montagna, è meta di vari
appuntamenti durante tutto l’anno). E ancora, la Madonna dell’Arco,
portentosa dispensatrice di miracoli, la Madonna delle galline, la Madonna
dei Bagni, e tante altre, tutte madri dolcissime legate ai cicli della
rinascita e della fertilità.
Napoletane o Partenopee sono chiamate le donne di Napoli, dal nome di
Parthenope,
la sirena ammaliatrice, approdata, ormai morta, alle rive della città che
da lei prese il nome. Ci sono varie rappresentazioni delle sirene in
città, fontane, sculture e bassorilievi sui frontoni di antichi palazzi o
su obelischi, rappresentate quasi sempre con viso e tronco dalle fattezze
umane e la parte inferiore del corpo di pesce, con una lunga coda, a volte
due. Solo una volta la Sirena viene raffigurata come donna-uccello, così
come descritta nei testi antichi, ed è nella fontana di Spina Corona,
chiamata anche la Fontana delle zizze. È questa una fontana molto antica,
forse una delle più antiche di Napoli. La si può ammirare in una stradina,
nei pressi dell’Università Centrale, Creatura materna, dispensatrice di
acqua / latte dalle mammelle, poggia i poderosi artigli di uccello ben
piantati tra il Vesuvio e il Monte Somma. Un San Gennaro in versione
pagana e al femminile che si presenta in forme gentili sino all’ombelico,
ma con ali e zampe ungulate che le conferiscono un aspetto terrifico.
Questa rappresentazione della Sirena Parthenope
sintetizza l’essenza femminile di Napoli.
E così Napoli, città accogliente e sensuale, nasconde nelle sue viscere un
lato infero, oscuro, la città sotterranea, “facies ctonia” di quella di
sopra, alla luce del sole.
Un continuo alternarsi di luci ed ombre, di vita e di morte.
E impregna di sé la figura femminile anche la canzone napoletana, tante
bellissime melodie sono dedicate alle donne.
Tra i primati che può vantare Napoli, di sicuro c’è quello di capitale
della canzone. Melodie immortali come “‘O Sole mio”, “Santa Lucia”, “
Funiculì Funiculà” , sono conosciute e cantate in tutto il mondo. Nello
sterminato repertorio della produzione canora partenopea, le canzoni
dedicate alle donne occupano uno spazio importante. Inni alla bellezza
femminile, storie di passioni e tradimenti, abbandoni e gelosie, estasi
d’amore e strazianti struggimenti puntellano una produzione fertilissima.
Le antichissime “Fenesta ca lucive”, e “Fenesta vascia”, narrano,
entrambe, storie drammatiche di amori infelici; la bella e famosa “Te
voglio bene assaje” esprime, tutto il dolore di un innamorato respinto
dalla donna amata, e, ancora, la bellissima “Bammenella” di Raffaele
Viviani, ritratto intenso e drammatico di una donna di vita dei “Quartieri
Spagnoli” di Napoli, e così tante altre che sarebbe impossibile elencare.
Ammaliatrice o accogliente, crudele o generosa, tanti i volti di Napoli e
delle sue donne. Francesca Santucci, in questo suo nuovo lavoro,
“Singolarissime donne di Napoli (e dintorni)” , ha voluto offrire una
carrellata nei secoli di donne partenopee (e del sud in generale),
appunto, singolari,che spesso hanno esulato dagli stereotipi femminili,
distinguendosi per intelligenza, coraggio, caparbietà. Le loro vicende
continuano ad ammaliare, proprio come il canto dell’antica sirena.
Bruno Brillante, Napoli, aprile 2021
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