Bruno Brillante

 

POSTFAZIONE

al libro di Francesca Santucci "Singolarissime donne di Napoli (e dintorni), Kimerik 2022

 

 

 

 

 

 

Qualsiasi donna, ricca o povera, patrizia o plebea, indigena o straniera, purché incinta, bussi e le sarà aperto.

Così recita la lapide  che si trova sul muro del  Chiostro di  Santa Maria delle Grazie a Caponapoli, la collina che fu l’Acropoli della Città greca.  Maria Longo, spagnola naturalizzata napoletana,  la fece apporre  agli inizi del sedicesimo secolo, per ricordare lo spirito che l’aveva portata a fondare uno dei primi ospedali moderni nel cuore di Napoli. All’interno del nuovo, grande complesso ospedaliero, ella volle privilegiare la cura e il soccorso alle donne incinte e con patologie della sfera genitale.

Napoli,  Madre dal cuore grande ed accogliente. Napoli, capoluogo di una regione  ricca  di  tante Madonne che invoca e celebra con devozione e amore filiale.

La Madonna (Mamma) d'o Carmine che ricorre continuamente in esclamazioni ed invocazioni  e alla quale ci si affida nei momenti di pericolo o di speranza arricchendo l’invocazione con l’aggettivo “Bella”, “ Chella bella Mamma do Carmine”; la Madonna di Piedigrotta,  l'Odigitria che indica il cammino, la Madonna di Montevergine, la Mamma Schiavona discendente diretta di Cibele, la Grande Madre (il suo Santuario, in montagna, è meta di vari appuntamenti durante tutto l’anno). E ancora, la Madonna dell’Arco, portentosa dispensatrice di miracoli, la Madonna delle galline, la Madonna dei Bagni, e tante altre, tutte madri dolcissime legate ai cicli della rinascita e della fertilità.

Napoletane o Partenopee sono chiamate le donne di Napoli, dal  nome di Parthenope, la sirena ammaliatrice, approdata,  ormai morta, alle rive della città che da lei prese il nome. Ci sono varie rappresentazioni delle sirene in città, fontane, sculture e bassorilievi sui frontoni di antichi palazzi o su obelischi, rappresentate quasi sempre con viso e tronco dalle fattezze umane e la parte inferiore del corpo di pesce, con una lunga coda, a volte due. Solo una volta la Sirena viene raffigurata come donna-uccello, così come descritta nei testi antichi, ed è nella fontana di Spina Corona, chiamata anche la Fontana delle zizze. È questa una fontana molto antica, forse una delle più antiche di Napoli. La si può ammirare in una stradina, nei pressi dell’Università Centrale, Creatura materna, dispensatrice di acqua / latte  dalle mammelle,  poggia i poderosi artigli di uccello ben piantati tra il Vesuvio e il Monte Somma. Un San Gennaro in versione pagana e al femminile che si presenta in forme gentili sino all’ombelico, ma con ali e zampe ungulate che le conferiscono un aspetto terrifico. Questa rappresentazione della Sirena Parthenope sintetizza l’essenza femminile di Napoli.

E così Napoli, città accogliente e sensuale, nasconde nelle sue viscere un lato infero, oscuro, la città sotterranea, “facies ctonia” di quella di sopra, alla luce del sole.

Un continuo alternarsi di luci ed ombre, di vita e di morte.

E impregna di sé la figura femminile anche la canzone napoletana, tante bellissime melodie sono dedicate alle donne.

Tra i primati che può vantare Napoli, di sicuro c’è quello di capitale della canzone. Melodie immortali come “‘O Sole mio”, “Santa Lucia”, “ Funiculì Funiculà” , sono conosciute e cantate in tutto il mondo. Nello sterminato repertorio della produzione canora partenopea, le canzoni dedicate alle donne occupano uno spazio importante. Inni alla bellezza femminile, storie di passioni e tradimenti, abbandoni e gelosie, estasi d’amore e strazianti struggimenti puntellano una produzione fertilissima.

Le antichissime “Fenesta ca lucive”, e “Fenesta vascia”, narrano, entrambe, storie drammatiche di amori infelici; la bella e famosa “Te voglio bene assaje” esprime, tutto il dolore di un innamorato respinto dalla donna amata, e, ancora, la bellissima “Bammenella” di Raffaele Viviani, ritratto intenso e drammatico di una donna di vita dei “Quartieri Spagnoli” di Napoli, e così tante altre che sarebbe impossibile elencare.

Ammaliatrice o accogliente, crudele o generosa, tanti i volti di Napoli e delle sue donne. Francesca Santucci, in questo suo nuovo lavoro,  “Singolarissime donne di Napoli (e dintorni)” , ha voluto offrire una carrellata nei secoli di donne partenopee (e del sud in generale), appunto, singolari,che spesso hanno esulato dagli stereotipi femminili, distinguendosi  per intelligenza, coraggio, caparbietà. Le loro vicende continuano ad ammaliare, proprio come il canto dell’antica sirena.

Bruno Brillante, Napoli, aprile 2021

 

 

 

 

 

 

 

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