prefazione al libro di poesie
di
Fabio Carvelli
In punta di poesia
Penna d'autore, dicembre 2006
Misteriosi sono i percorsi
attraverso i quali si germina la poesia, ma, comunque, è una tristezza,
una sofferenza, un malessere, un disagio, una disarmonia che la lascia,
poi, sbocciare, talvolta esplodere; come acutamente rivelava il nostro
critico e narratore ottocentesco Camillo Boito è, infatti, “Il dolore
(che) fa il poeta”. Ecco, però, che, quanto più penoso è
il conflitto, più lacerante il dissidio, più forte lo scarto tra sogno e
realtà, più acuto il travaglio, quanto più penosa, faticosa,
insopportabile, appare l’esistenza, avanza la sensibilità (particolare in
taluni, pochi, ahimé infelici, eletti); allora, incalzato, pressato
dall’urgenza dell’effusione, l’affanno si converte in parola, il dolore
soffocato in grido (talvolta pure disperato), l’urlo taciuto in verso, e
sgorga la poesia: nasce il poeta! Nell’opera di esordio del giovane
Fabio Carvelli si rivelano già tutti i segni dei travagli che gli si
agitano nell’animo, e, sommessamente, quasi con pudore, in punta di piedi
(forse non a caso ha intitolato questa silloge, 34 poesie inedite, “In
punta di poesia”), umile e consapevole del percorso di ricerca anche
stilistica che dovrà maturare, la consegna agli occhi del lettore,
attento, avido di sondare, poeticamente, il suo animo. Fabio asserisce: …ma io non sono
un poeta,/ ma io non sono un musicista,/ solo cinico e spietato:/ semplici
parole che volevano solo farsi ricordare( “Prove di poetica”). Accogliamo, allora, questa sua
affermazione, consideriamo i suoi acerbi componimenti “prove di poetica”
(così recita, appunto, il titolo di una sua poesia), slanci emotivi,
tentativi di accordare il sentimento all’ espressione lirica,
consideriamoli semi lanciati, fiduciosi, al vento.
Naturalmente spereremmo i suoi solo
affanni onirici notturni, e gli augureremmo di trovare sempre nuovi motivi
per affrontare positivamente i mattini (Poi tutto si placa/ surgea il
sereno/ ogni urlo si tace/ e torna il sorriso/ ironico sul mio viso: è di
nuovo mattino , “E’ di nuovo mattino”), ma se proprio dovesse, al
risveglio, reimbattersi nei vecchi affanni, e se autentica e continua si
dimostrasse la necessità di modularli in versi (lasciando germogliare quei
semi ed attecchire le radici in profondità, producendo, così, fecondi
germogli), di certo non deluderebbe noi, lettori avidi di poesia, che,
lieti, ne accoglieremmo i rinnovati frutti.
Francesca Santucci
(dicembre, 2006)
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