Francesca Santucci
poesie ispirate ad Emily Brontë
Dall’antologia Brontëana del Premio letterario 2014 dedicato alla vita e all’opera delle sorelle Brontë
Poesia classificata al II posto nel Concorso letterario De Leo-Brontë 2014
Motivazione Il dialogo tra Emily Brontë e il vento, basato su un rapporto ambivalente di odio e amore, rimanda all’eterno conflitto passionale contenuto nel suo grande romanzo sublimandone l’ispirazione creativa. Particolarmente dotto l’impianto narrativo e notevoli i riferimenti biografici. Maddalena De Leo NON TI TEMO VENTO CRUDELE
Sono felice quando più lontano
(Emily Brontë, Sono felice quando più lontano)
Non ti temo vento crudele, che gelido e potente di bufera, nei lividi mattini, nelle tenebrose notti, selvaggio ruggisci. Cupo come le fole di Tabitha,1 furioso fra le colline turbinando a valle discendi, la quiete delle rocce eterne e dell’erica superstite di Haworth in solitaria distesa a violentare. Subdolo frusciando i miei polmoni insidi recando impetuoso Morte e Vita, ché insieme libertà mi porti.
Prigioniera fra le lande di Gondal2 brumose, in fantasia Geraldine3 mi fingo. Tu sei il mio cavaliere, il principe di Angora,4 venuto a liberarmi dall’incanto. Le mie catene sciolte, rianimata, in groppa al tuo destriero ora galoppo. E rifiorisce nella brughiera il croco, e rinverdisce il ramo dal gelo annerito, e dove prima tacevano i trilli delle allodole, e i cori, dei tordi e dei fringuelli, ora è concerto di gioia, risonante alta nella brughiera, sgombro di nubi il cielo.
Non ti temo vento crudele, che nella mia vita solitaria irrompi. Tu che sotto l’implacabile sferza persino le cime più alte degli abeti sibilando pieghi, quando al di là dei crinali dei Pennini5 in vortici tempestoso confondendo sbuffi, sei la mia fonte invisibile di felicità. Tranquilla fra le tue braccia m’abbandono, e sogno, e il tuo ululare nella notte nera m’è cantilena di cantore dolce, che l’animo affannato riconsola.
1) Tabitha Aykroyd, “Tabby”, la domestica, di origini irlandesi, di casa Brontë, instancabile narratrice di favole, saghe nordiche, leggende popolari del folklore locale (elfi, gnomi, fate, streghe, fantasmi, spiriti) e superstizioni dello Yorkshire. 2) Gondal è l’isola immaginaria concepita da Emily e Anne Brontë. 3) Geraldine (Augusta Geraldine Almeda), moglie o amante di Julius Brenzaida, principe di Angora, imperatore di Gondal e Gaaldine, incoronata regina di Goldan dopo averlo tradito. 4) Julius Brenzaida è il principe di Angora, imperatore di Gondal e Gaaldine, che poi morirà, amato dalla regina Geraldine. 5) La Pennine Chain (la Catena dei Pennini), la spina dorsale dell’Inghilterra, è un sistema di montagne e colline di modesta altezza.
Dall’antologia Brontëana del Premio letterario 2013 dedicato alla vita e all’opera delle sorelle Brontë
Francesca Santucci
SE AMORE BUSSASSE UN GIORNO ALLA MIA PORTA Se amore bussasse un giorno alla mia porta sarebbe dolce l’alba, luminoso il giorno, le ombre della notte dissipate, libero dalle nubi tempestose il cielo, di sole risplendenti i boschi e i campi, fioriti i rami ed abbaglianti di bellezza i fiori. Ma prezioso come il fiore di Malvina1 (che di lacrime amare irrorò il ramo ripensando allo sposo morto invano) e appassionato e tempestoso, fiero e sincero, e sfolgorante e eterno e forte come la roccia a Ponden Kirk:2 così dovrebbe essere l’amore. E poi fedele, come l’erica bianca di brughiera puntuale ogni anno a rifiorire, non vile come la sconfitta luna che si dilegua al crepuscolo spettrale quando alta la bruma si leva a dissipare.
1) Malvina era la figlia del bardo Ossian, sposa del nobile guerriero Oscar. La leggenda narra che apprese della morte del suo sposo mentre coglieva dei fiori di erica viola che, bagnati dalle sue lacrime, divennero bianchi: nacque, così, l’erica bianca, simbolo dell’amor fedele.
2) Lo spuntone di roccia al quale s'ispirò in "Cime tempestose" Emily Brontë per la Rupe di Penistone.
Dall’antologia Brontëana del Premio letterario 2012 dedicato alla vita e all’opera delle sorelle Brontë
Francesca Santucci
Inevitabili i miei passi sul velluto dell’erba
Inevitabili i miei passi sul velluto dell’erba solitari vanno, desolati come i severi giorni dell’infausta giovinezza nella casa paterna. Intanto che densa sull’erica odorosa la rugiada perlacea del primo mattino indugia, sulle gote fredde le lacrime mi rotolano. Tutto è svanito (anche la madre amata, che poco io conobbi!), rapido come il fulmineo passaggio della gazza quando alta la neve luminosa giace e disperato l’ultimo sfavillio il raggio di luna nell’alba annega.
Francesca Santucci Lieve con il suo passo arriverà la morte
Lieve con il suo passo arriverà la morte. Sarà un chiaro mattino a primavera, fra l’erba verde e i biancospini in fiore, fra i canti delle allodole impazzite. Sarà una notte aspra dell’inverno inargentata dalla luna fredda, fra i lamenti striduli dei rapaci di vedetta. E quando brune le zolle sopra di me cadranno buio di ghiaccio non mi avvolgerà: le ombre mi accoglieranno dei miei cari stipati già da tempo nei lividi sepolcri.
http://www.francescasantucci.it/articolinotiziariobronte.htm
|