Francesca Santucci
Vladimir
Khasiev:
acquerello
romano
Vladimir
Khasiev,
Ponte Sisto (acquerello 50 x70 cm).
Là nel paese
dove scorre l’augusto Tevere dorato,
dove il Campidoglio erge superbo il capo…
(P. A. Vjazemskij)
Pari splendore
entrambe hanno, l’una, fondata dallo zar Pietro il Grande, che le diede il
nome dell’apostolo Pietro, capitale degli zar per due secoli, ricchissima
dal punto di vista culturale, luogo elettivo di importanti scrittori,
artisti, musicisti, ballerini, come Puskin, Dostoevsky, Gogol,
Tchaikovsky, Stravinsky, Nureyev, Baryshnikov; l’altra, dal glorioso
passato, che fu regno di Cesari e Papi, che trova la massima espressione
della Cristianità nella Basilica dedicata a San Pietro, città natale e
città adottiva dell’artista russo Vladimir Khasiev: San Pietroburgo e
Roma.
Roma, con la solennità distaccata degli antichi ruderi, testimonianze
materiali del trionfale passato, con la monumentalità dei suoi edifici e
delle sue chiese, con il senso d’ eterno che sembra esprimersi dalle
bionde acque del Tevere (che, silenziosamente l’attraversa con la sua
curva dorata, scorrendo pigro sotto i ponti più antichi del mondo, quelli
che cavalcano da più di duemila anni le sue acque), con l’antico Foro, che
racchiude mirabili vestigia, con l’imponente e famosa Basilica di San
Pietro, cuore della Cristianità, assomma in sé i più vetusti ricordi della
nostra storia antica, medioevale e moderna.
In nessun altro luogo del mondo, come a Roma, il fantasioso richiamo
dell’arte parla in voce di eternità, perché nelle sue rovine qualcosa
d’incommensurabile valore permane dell’antico splendore: l’eredità della
potenza romana che riverbera nei posteri.
Città d’eterno fascino, antica eppure sempre nuova, continua ad esercitare
suggestioni, e vivida risplende in tutti i suoi colori nei delicati
acquarelli dell’artista russo, Vladimir Khasiev che, in ascolto del
richiamo ammaliatore, sedotto a tal punto dall’Urbe immortale, ha scelto
di lasciare la natia San Pietroburgo per viverci e, non pago, di eternarla
nelle sue opere.
Ponte Sant’Angelo, Ponte Sisto, il Lungotevere, Roma vista dal Pincio,
Piazza del Quirinale, il Pantheon, Piazza del Campidoglio, Villa Panphili,
Villa Aldobrandini, Fontana di Villa Torlonia, il Foro di Augusto, le
terme di Caracalla, anche i dintorni di Roma, come Tuscolo (l’antica città
fortificata che, come narra Ovidio, fu fondata da Telegono, figlio di
Ulisse e della Maga Circe), Albano (cittadina che sorge quasi nello stesso
luogo in cui, secondo la leggenda, Ascanio, figlio dell'eroe troiano Enea,
fondò la città di Alba Longa), Frascati (nel cuore dei Castelli Romani),
giardini, piazze, vie, viuzze, fontane, ponti, rovine, scorci del
paesaggio, romano e laziale, sedotto dalla magia di un tramonto sul
Tevere, dall’intreccio delle foglie dorate, dalla sinfonia delle fronde
avvampate dai colori autunnali, dal candore delle statue, dai giochi
d’acque delle fontane garrule fra scrosci e zampilli, dalla luminosità di
una strada, pur fra le ombre, inondata dalla luce del sole, da vero
interprete, che si ispira alle cose, ma, non contento delle apparenze
ingannevoli della realtà, si pone in attento ascolto (giacché
l’artista deve porsi in faccia alle cose direttamente e tutto assorto ad
ascoltare la voce della bellezza consolatrice e dipingere secondo che ad
esso detta dentro, Carlo Carrà, “Pittura metafisica”), di tutto
l’Artista s’è appropriato, per poi riconsegnarlo agli occhi dello
spettatore attraverso la sua personale interpretazione, intrisa di poesia
e dolcezza: l’acquerello.
Nelle raffinate, eleganti, virtuose composizioni, attraverso il tocco
delicato, lieve, fluido, acquoso, ma pur vivace e luminoso, traducendo in
colore l’emozione, pur fugace, di un luogo, di un momento, consente a se
stesso e allo spettatore di ri/vivere gli scorci più suggestivi e più
pregni della storia dell’Urbe, eterna contro il tempo caduco.
Divengono così, i luoghi descritti, pur riconoscibilissimi, reconditi
paesaggi dell’anima, giacché Khasiev esprime l’amoroso legame che ad essi
lo stringe e, nell’abbandono alla contemplazione silenziosa e rinfrancante
di vedute, ormai, familiari, l’occhio di entrambi, sia del pittore, sia
dello spettatore, romanticamente si perde.
Francesca Santucci (2007)
http://www.letteraturaalfemminile.it/vladimirkhasiev.htm
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