Francesca Santucci
L'ULTIMO VOLO DELLA
COLOMBA MARTINA
(antologia
AA.VV., Ti racconto una favola,
Kimerik 2021)
(segnalazione di merito a
II
Edizione del "Premio Tre Civette sul Comò Concorso Nazionale per
Filastrocche", organizzato dal Centro Studi Cultura e Società,)
Magica è l’infinita volta celeste, in cui come preziosi diamanti
s’incastonano astri fissi e corpi erranti, Sole, Luna, pianeti, comete, e
costellazioni, aggruppamenti di stelle sin da tempi antichissimi dai nomi
suggestivi ed evocativi, nati dalla fervida fantasia degli antichi che in
quelle luminose forme scintillanti nel buio della notte vedevano
personaggi mitologici (eroi, dei, semidei), animali favolosi, oggetti:
Ercole, Perseo, Cassiopea, Andromeda, Auriga, Pegaso, Orsa, Cane, Lepre,
Cigno, Aquila,
Carro, Lira.
Fra le infinite costellazioni del nostro universo, per bellezza e
suggestioni, spicca
la piccola Costellazione della Colomba, collocata a sud del Cane maggiore
e della Lepre,
composta da varie stelle, che rendono la sua
forma quasi zigzagante simile a un uccello in volo: uno spettacolo
meraviglioso per chi è affascinato dalle stelle!
Quelle stelle, però, un tempo avevano altra forma e non vivevano in cielo,
anche se lo solcavano, ma ascoltate quanto vado a raccontarvi.
C’era una volta una colomba che viveva felice con i suoi simili. Si
chiamava Martina ed era bellissima, più simile a una tortora nell’aspetto,
con le lunghe ali, le forme slanciate, il piumaggio
che variava dal viola, al porpora, al dorato, al verde e al grigio nella
parte superiore del corpo, rossiccio sul petto.
Leggiadra volteggiando, durante
la buona stagione si spostava dai luoghi freddi, nei quali generalmente
stanziava, e migrava verso luoghi caldi: infatti apparteneva alla famiglia
delle colombe migratrici,1
la specie di uccelli più numerosa presente un tempo sulla Terra, prima che
l’uomo la sterminasse.
Riunita ad altri stormi giganteschi, muovendosi da
nomadi per boschi e foreste,
tutti insieme volavano maestosi simili a grossi nuvoloni, rombando con un
suono che ricordava quello di un prolungato tuono, vorticosamente agitando
l’aria con le lunghe ali,
in una moltitudine tanto immensa da oscurare il sole al loro passaggio,
solcando il cielo velocemente spostandosi durante il giorno, sostando
brevemente sul terreno per nutrirsi
di ghiande, castagne, ciliegie, prugne selvatiche, semi di acero, di
carpino, di olmo, bacche di sambuco,
radunandosi in
massa sugli alberi al sopravvenire del crepuscolo per riposarsi di notte.
Ma non era priva di insidie la vita di Martina e dei suoi consimili,
perché spesso capitava che i crudeli cacciatori, armati di fucili, di
fionde e di lunghi bastoni, presi più dalla furia distruttiva che dal
bisogno di procacciarsi del cibo, assalissero gli stormi di colombe
esauste dai lunghi voli e le abbattessero senza pietà, ammassandole, poi,
in grandi cesti per venderle ai mercati, dove sarebbero state acquistate
per essere impagliate e tenute nelle case come trofei, o anche per essere
date in pasto ai maiali.
Implacabile era la caccia a queste innocenti creature, che dovevano sempre
stare all’erta, pronte a fuggire a ogni ombra di pericolo, ma a lungo la
situazione non durò: infine anche l’ultimo stormo di colombe migratrici
cadde sotto la ferocia dei cacciatori.
Infatti un brutto giorno, mentre le colombe viaggiatrici sostavano in un
bosco, chi tra le fronde, chi accanto a polle d’acqua per dissetarsi, chi
a terra cercando fra le erbe qualche vermetto o frutto da mangiare, fecero
irruzione quegli uomini malvagi che, in un frastuono assordante,
cominciarono a tirar contro di loro colpi di fucile.
In breve tempo mucchi di colombe furono colpite dalla follia umana.
Giacquero mutilate, ferite, agonizzanti, morte, ammassate sotto gli
alberi, fra i rami schiantati.
Anche Martina fu ferita
gravemente
e fu l’ultima a spirare, dopo aver rivolto ancora uno sguardo al cielo,
sognando, forse, di volare.
Il suo sguardo colpì dritto al cuore una bambina che, di nascosto,
impotente, aveva assistito allo sterminio e che le si avvicinò sfiorando
il candido corpicino dal quale, ormai, la vita era andata via. In lacrime,
mentre l’accarezzava come a volerla far resuscitare, invocò il nome della
Fata delle Colombe, che subito accorse e inorridì all’impressionante
spettacolo che le si parò dinanzi agli occhi.
Si strinse al petto la piccola, la consolò con dolci parole e poi le
disse:
-Non disperarti più! In qualche modo, sotto qualche altra forma,
riusciremo a far vivere ancora Martina e le altre povere colombe, cadute
sotto la furia di quegli uomini così crudeli che con tanta ferocia si sono
accaniti contro di loro, creature innocenti.-
E, levati gli occhi al cielo, agitò dolcemente la sua bacchetta di
cristallo quattro volte nell’aria, prima in alto, poi al centro, poi a
sinistra, poi a destra, come a voler fare un segno di croce, poi la roteò
una volta e infine la diresse verso i poveri corpi disanimati,
pronunciando queste parole:
-Vi trasformerò in stelle del cielo. Belle, luminose e intoccabili,
splenderete per l’eternità!-
E, avvolte da un sottile pulviscolo argenteo, in un baleno tutte le
colombe cadute, guidate dall’ultima venuta meno, Martina, furono
risucchiate verso l’alto in un magico volo che le condusse in cielo, dove
diventarono stelle, ma non distanti le une dall’altre, bensì vicine fra
loro: nacque, così, la Costellazione della Colomba, che da secoli illumina
la Terra e guida la rotta dei naviganti,
aiutandoli ad orientarsi quando il mare ingannatore sembra non dar loro la
speranza di ritrovare la terra.
1
La colomba
migratrice, l’Ectopistes migratorius, fino all’Ottocento era la
specie di uccello più numerosa al mondo, ma a causa della follia umana ai
primi del Novecento si estinse. L’ultimo esemplare si chiamava Martha e fu
trovato morto nella sua gabbia nello zoo americano di Cincinnati il 1°
settembre 1914.
Così il naturalista
franco-statunitense John James Audubon descrisse uno degli stermini che
portarono all’estinzione di questa specie di colombe:
Quando si accesero
le torce lo spettacolo che si appalesò ai miei occhi era tanto incredibile
quanto orrido. Gli uccelli colpiti si ammassavano a terra, intorno ai
tronchi, formando grandi mucchi. Qua e là i rami cadevano per il peso
degli uccelli posati, trascinandosi dietro alcune vittime. Tutto intorno a
me c’era tumulto, furore e pazzia. Non si notava neanche più il rumore dei
fucili. Mi rendevo conto che qualcuno aveva sparato solo quando vedevo il
cacciatore ricaricare il suo fucile. Nessuno si azzardava a entrare nel
bosco: tutti uccidevano dai margini.[…]
FILASTROCCA DI MARTINA
Era proprio carina
la colomba Martina
dal corpo slanciato
e il piumaggio dorato.
Felice nel cielo volava
e veloce s’affrettava
verso i paesi d’oltremare
dove poter svernare.
Ma crudele giunse il cacciatore
che la colpì dritta al cuore.
Martina languiva morente
quando la Fata giunse repente.
Con il tocco della bacchetta
subito, subito,in tutta fretta,
in stella la trasformò
così in cielo Martina volò.
E pure le altre colombe
diventarono stelle gioconde.
Con il loro manto d’argento
da secoli brillano nel firmamento.
Come attente sentinelle
insieme alle altre stelle
quando la notte compare
vegliano sugli uomini in mare.
Con i loro soavi raggi,
a tutti mandano dolci messaggi:
di pace e di armonia
per ogni creatura che ci sia.