Mio Amato,
per tutta la notte qui, stanotte, ha imperversato la tempesta,
con raffiche di vento così impetuose che sembrava di essere in
uno di quei paesi del nord dell’Europa continuamente sferzati
dalla furia dell’elemento, e la pioggia che, imperterrita,
picchiava contro i vetri, anche nei momenti di requie argentina
non era, ma lugubre lamento ostinato, simile ad un canto
intonato dai morti sotto le bianche croci dei cimiteri, e
m’intristiva e m’immalinconiva, perché ad ogni suo battere
sembrava volermi ricordare che tu sei lontano ed io sono sola
senza te.
Tra fulmini e tuoni e pioggia battente, mentre fuori la
Natura si scatenava, anche i pensieri nel mio cervello hanno
cominciato a vorticare veloci come lampi, in sospensione tra
passato e presente, sempre, poi, riconducendomi al presente,
orribile, perché sono, questi, i giorni della disperazione, che
vivo come fossi una condannata: il mio reato amarti, la pena
starti lontana.
Di nuovo stanotte, come ogni notte, il mio Sentimento ha
abbattuto la barriera temporale ed il Pensiero ha sconfinato
oltre, ricongiungendomi a te nel sonno, nel sogno.
Distintamente ho udito la tua bella voce, ascoltato le tue
parole d'amore, ancora mi sono lasciata avvolgere dai tuoi
abbracci: ero felice!
Poi le luci dell'alba m'hanno inferto la ferita mortale, ho
tentato di oppormi al risveglio, serrando forte le palpebre per
non accogliere la luce (che è, poi, tenebra, tu mancando!): ma
nulla, vano ogni tentativo, quelle m'hanno ridestata
riportandomi alla vita, che vita non è senza te, è morte, e
l'altra dimensione, quella che è simile alla morte, il sonno che
mi porta il sogno e te, quella, invece, è per me la vita.
Anche questa notte l’ho trascorsa così, piangendo pensandoti
mentre fuori pioveva, fantasticando, sognando, nell’attesa che
il temporale passasse per poterti scrivere e spedire questa
lettera.
Ed anche ora, intanto che scrivo, il cielo permane grigio,
nuvoloso, triste, ma da diversi giorni, ormai, è così, grigio,
nuvoloso, triste; quando piove (ad eccezione della notte appena
trascorsa), non è mai temporale improvviso, violento,
passeggero, bensì pioggia fitta, sottile, persistente, che non
sgombra il cielo, ma sempre più lo opprime di cupi nembi, che
s'ingrossano, s'incalzano l'un l'altro, si gonfiano, si
gonfiano, fino ad esplodere.
Talvolta un raggio di sole nascosto s'insinua, riesce ad aprirsi
un varco, per qualche istante pare irradiare una luce ed un
calore incredibili, insospettabili per un raggio così fievole,
allora sembra quasi che riuscirà a spazzare via definitivamente
quei nuvoloni, ma è solo l'illusione d'un momento: il cielo
resta grigio, nuvoloso, triste, perché quel raggio di sole non è
il sole, troppo debole, mai riuscirà a sconfiggere l'opprimente
tenebra. Forse il raggio arriva tardi, forse non è abbastanza
forte, forse troppe sono le nuvole che lo ostacolano, forse
ancora non è la sua stagione, oppure non lo è più.
Ora sono le 5 del mattino, il cielo comincia a schiarirsi. Non è
più notte eppure è ancora notte, ancora non è giorno, eppure è
quasi giorno. Odo in lontananza le prime voci della natura e
degli uomini che si ridestano, gli echi dei passi dei rari
passanti.
Rabbrividisco all'aria fresca e leggera del primo mattino che
s’insinua dall’imposta socchiusa, allontano lo sguardo dal
foglio e scruto il cielo che, pian piano, muta il suo colore
livido, intanto che l’argentata luna progressivamente
impallidisce: tra poco, infine, si occulterà del tutto.
Scorgo in cortile qualche gatto già a caccia, che scova tra le
foglie dei rossi gerani, madidi di pioggia, un insetto, in lotta
sul selciato con l'incauta formichina che ha sconfinato nel suo
territorio.
Mi piace starmene qui a quest'ora, lasciare che il vento
leggero del primo mattino s’insinui e sfiori il mio viso come la
carezza consolatrice d'una madre, d’un innamorato; mi piace
indugiare, contemplare, fantasticare. In questi lunghi momenti
di transizione fra la notte e il giorno riesco persino a
rilassarmi, svuotando la mente d'ogni pensiero; li scaccio
tutti, tranne uno: il pensiero di te, lontano, distante.
Rabbrividisco e t'Amo, e t'amo ora più di quanto t'amassi ieri.
Il chiarore, ormai, avanza, mi ridesto dall'incanto della
sospensione, mi dico che è tempo di andare, di affrontare il
nuovo giorno, che sarà eguale a ieri, perché sarà un nuovo
giorno senza te; ancora la casa tacerà, ed il silenzio, mare
profondo in cui mi sembrerà d'annegare, urlerà la tua assenza;
ancora m’arderà dentro il desiderio di te.
Triste consolazione: ti spedirò questa mia lettera d’amore.
Francesca
pubblicata sul
"Corriere della sera" on line nell'ambito dell'iniziativa
"Lettere d'amore" 2016
http://www.corriere.it/spettacoli/16_luglio_18/lettere-d-amore-8d2b295c-4d00-11e6-b4d6-1a2d124027e8.shtml
Menzione Speciale alla IV edizione del Concorso
Letterario Nazionale
“San Valentino: poesie, racconti e lettere
d’amore” maggio 2007
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Cara Francesca,
ho letto la tua lettera, così fiabesca nella sua
sospensione tra notte - sogno - alba, eppure così vera nel
rendere lo strazio dell'assenza (di ogni assenza: quella nello
spazio reale e quella dell'altrove sconosciuto e vagheggiato ed
irreale ...); l'atmosfera è per il lettore anch'essa sospesa
fuori dal tempo, anche se io ho immaginato un'antica, romantica
dama, senza telefono e posta elettronica, solo con il suo
scrittoio, la carta e la penna e tutto il tempo che richiedono
le lettere di carta e di penna.
Eleonora Bellini
Semplicemente stupenda...la voce di una donna sola che si oppone
alla mancanza dell'amato che le lacera il cuore. Il susseguirsi
dei suoi pensieri, che a volte portano a distrarla ma a
ripercorrere sempre quella mancanza, è la voce di una donna che
anela e, ansiosa, si esprime in un atteggiamento nevrotico di
chi non ha più la terra sotto i piedi...e il microcosmo e il
macrocosmo si uniscono in un'unica danza da tempesta.
Maria
Balzamo