Le suggestioni di Grazia Deledda

dall'antologia AA.VV.,Grazia Deledda tra memoria e futuro

 Acsit, 2007

 

Figura tra le più notevoli della narrativa italiana del primo Novecento, sicuramente la più grande scrittrice sarda, continuatrice del verismo sul quale, quando già quell’esperienza trascolorava nel panorama letterario italiano, seppe innestare una personale sensibilità, Grazia Deledda fu ispirata da un profondo amore verso la sua terra, di cui conosceva suoni e colori, verso la sua gente di cui con vigore, incisività ed espressività, con uno stile sobrio, talvolta drammatico, così bene descrisse i costumi ed i problemi.
Più che sulla mera descrizione delle vita e della condizione isolana, concentrò l’attenzione sulla condizione dell’umana fragilità, “l’uomo come una canna al vento”, sul senso del peccato e della colpa, sulla ricerca delle corrispondenze fra stati d’animo e paesaggio, sicché nelle sue opere prevalsero un’accesa coloritura romantica ed una problematica morale.
D’impronta verista fu, sicuramente, la documentazione sociologica della  Sardegna, l’attenzione con cui ne ritrasse tipi ed aspetti, ma, sollecitata dai problemi religiosi e morali, la Deledda evitò sempre accuratamente il regionalismo, non aderendo eccessivamente alla sua isola, ma caratterizzandosi per la mitizzazione della sua terra, in cui fece muovere  figure patriarcali di un mondo quasi fuori del tempo,  non in impersonalità naturalistica, ma, essendo  scenario di passioni primitive ed antiche credenze,  trasfigurandola in un luogo favoloso, suggestioni simboliche e liriche, queste, che l’avvicinano ad una sensibilità di tipo “decadente”.
La Sardegna descritta dall’autrice, così  immersa nelle antiche tradizioni e nei valori familiari e religiosi, pure sfugge al reale; trasfigurata dall’animo dell’autrice da mito dell’isola diviene, allora, isola del mito.

Francesca Santucci

 

@

Back