(AA.VV., "I quartieri di Napoli", Rudis Edizioni 2023 )
Scrigno di meraviglie è l’intera città di Napoli, per i colori, i
profumi, i sapori, i monumenti, incastonata nel golfo omonimo in una
cornice di ridenti bellezze naturali, ravvivata da un popolo plasmato
dalla sua storia, dalle sue leggende, dalle sue tradizioni.
Ogni via, ogni vicolo, ogni
strada, ogni piazza, offre magia, incanto, splendore, tanto grande che
veramente si comprende come potesse stordire gli antichi viaggiatori,
come
Wolfang Goethe (1749-1832), massimo poeta tedesco e uno dei più grandi
scrittori che annoveri l'umanità, che sembrò mancare di parole per
descrivere i sentimenti di commozione, di vertigine, di esaltazione, che
lo colse di fronte allo spettacolo di questa città unica al mondo.
Si ha un bei descrivere e un bei dipingere! Non si riuscirà mai a dare
un'idea veramente adeguata di questo mare, di questa baia, di questo
Vesuvio, di questa città coi suoi sobborghi e coi suoi castelli, e
soprattutto di quest'aria che vi si respira.
(Wolfang Goethe, Viaggio
in Italia)
E meraviglioso è il suo lungomare, forse il più bello al mondo, unico,
sicuramente, per il lungo distendersi fra il mare- in cui spiccano come
preziose gemme il Vesuvio, l’isola di Capri a tutti nota per le
straordinarie bellezze (la Grotta azzurra, i Faraglioni, i pittoreschi
scogli, l’antica torre di guardia, le cale dalle acque cristalline, gli
spettacolari panorami, le magnifiche ville antiche, come quella di
Tiberio); Ischia, dalle splendide spiagge e la vegetazione rigogliosa;
Procida, la minore ma non con meno attrattive- e, dal lato opposto,
il verde
del parco della Villa
Comunale, con sullo sfondo, lungo il tragitto, la
collina del Vomero, con Castel
Sant’Elmo e la
città brulicante di vita.
Fino alla fine dell’Ottocento il lungomare non esisteva, e il mare
bagnava la città fino alla Riviera
di Chiaia. La strada
fu creata su una colmata
iniziata nel 1885 e ultimata nel 1927, e
il posto delle antiche spiagge, di cui restano solo alcuni frammenti in
prossimità delle rotonde,
fu preso da
scogliere artificiali.
Il lungomare di Napoli comprende quattro strade:
via Nazario
Sauro, via Partenope, via
Caracciolo e via Mergellina.
Via Nazario Sauro costeggia il molo di
Santa Lucia fino a Castel dell’Ovo, il più antico castello di Napoli,
che sorge imponente
sull' Isolotto di
Megaride, dove, secondo il mito greco, fu sepolto il corpo della
sirena Partenope,
annegatasi fra le onde del mare per non essere riuscita ad ammaliare
Ulisse. E fu proprio l’Isolotto di Megaride a dare origini alla
città, che nacque, quindi, a tutti gli effetti, a partire dal mare.
Il nome del castello,
secondo una leggenda di origine
medievale,
risalirebbe
ad un uovo incantato che il celebre poeta-mago latino
Virgilio avrebbe nascosto in una caraffa di vetro piena
d’acqua, protetta da una gabbia di ferro appesa ad una pesante trave di
quercia, sistemata in una camera situata nei sotterranei del castello,
tenuta ben segreta poiché da quell'uovo dipendono il destino di Napoli e
dei napoletani. Secondo la leggenda, infatti, finché l’uovo non
si rompe, la città e il popolo sono protetti da ogni tipo di calamità.
A ridosso di Castel
dell'Ovo si trova il borgo Marinari,
la cui vita è legata alle attività del suo porticciolo e di quelle del
confinante borgo Santa Lucia, di cui costituisce lo sbocco a mare. Un
tempo da qui partivano i famosi scafi blu dei contrabbandieri di
sigarette, oggi il borgo, dal pittoresco porticciolo animato da bar e
ristoranti, oltre che attrattiva turistica, è sede di attività
culturali.
A Via Partenope, il cui nome si rifà alle origini della città e al mito
della sirena, si trovano i più celebri
ristoranti “fronte mare” della città e importanti hotel del lungomare.
La parte più estesa del lungomare di Napoli è
Via Caracciolo,
per i Napoletani ‘a Caracciolo, da sempre meta obbligata
delle loro passeggiate domenicali.
Fiancheggia
la Villa Comunale e la Riviera di Chiaia, offrendo visioni panoramiche
sulla città e sulle colline del Vomero e
di Posillipo.
A metà percorso si trova la Rotonda Diaz,
che prende il nome da un’ imponente
statua equestre eretta in ricordo del generale napoletano Armando Diaz,
eroe della Prima Guerra Mondiale, nonché capo di stato maggiore del
Regio Esercito durante la prima guerra mondiale, duca della Vittoria
alla fine del conflitto, e pure ministro della guerra e maresciallo
d'Italia.
Via Caracciolo è intitolata all’ ammiraglio
napoletano Francesco Caracciolo, che subì un’ingiusta morte.
Nato a Napoli il 18 Gennaio 1752 da un’antica
e nobile famiglia, fu avviato da piccolo alla carriera marinara,
formandosi presso la Real Accademia di Marina. Caracciolo prestò
servizio nella Reale Flotta Borbonica arrivandone ai massimi gradi, e
distinguendosi subito, virtuoso e geniale, sia per le qualità umane che
per quelle militari. Nel 1799 divenne sostenitore della rivoluzione ed
eroe della Repubblica Napoletana, proclamata dopo la Rivoluzione
Napoletana sviluppatasi sulla scia delle esperienze rivoluzionarie
francesi. Durante la repressione che la seguì fu giustiziato per opera
dell’ammiraglio inglese Horatio Nelson, che aveva guidato il ritorno dei
Borbone dalla Sicilia. Nelson, prima violò i patti firmati dal Cardinale
Fabrizio Ruffo e dai rappresentanti delle potenze straniere, che
prevedevano la totale incolumità di Francesco Caracciolo (che, dopo la
resa, si era ritirato presso il proprio palazzo di via Santa Lucia), e
poi gli negò la fucilazione che gli si doveva in quanto soldato,
facendolo impiccare. Dopo averlo sottoposto ad un primo processo e poi
ad un secondo processo-farsa, motu proprio, spinto unicamente dall'astio
d'ingeneroso nemico (come ricordato nell’epitaffio sulla targa
commemorativa fatta apporre dal municipio di Napoli nel 1881, per
ricordarne la morte, fissata al 29 giugno del 1799), commutò la
prigionia in condanna a morte,
ordinando di impiccarlo all’albero
della nave Minerva
e poi buttarlo in mare.
Per uno scherzo del destino, però, il corpo
dell'ammiraglio, forse per un peso insufficiente della zavorra o per un
gioco di correnti, il 10 luglio riemerse, proprio sotto il Foudroyant,
la nave ammiraglia di Nelson dove era ospite il Re da poco giunto dalla
Sicilia, sotto gli occhi attoniti del sovrano, come ben rappresentato
nel celebre dipinto di Ettore Cercone eseguito nel 1900 e conservato al
Museo di San Martino di Napoli “L’ammiraglio italiano Francesco
Caracciolo chiede cristiana sepoltura”.
Il corpo di Caracciolo, pietosamente raccolto
da alcuni pescatori “luciani”, gli abitanti del rione Santa Lucia, per
ordine del Re, profondamente turbato, fu sepolto nell’ipogeo della
Chiesa della Madonna della Catena.
In ricordo dell’eroe della Repubblica
Partenopea del 1799 i napoletani gli intitolarono, poi, la lunga ed
ampia via, parte del lungomare della città, da Mergellina fino a Santa
Lucia, considerata una delle più belle litoranee del mondo: via
Caracciolo.
Via Mergellina
è la strada che da via Caracciolo si estende fino a
Piedigrotta, ai piedi della collina di Posillipo. In questa parte del
lungomare si ritrova la Napoli più “verace”, tra barche ormeggiate e
reti di pescatori. Qui c’è il Porto di Mergellina, dal quale partono gli
aliscafi che conducono alle incantate isole del Golfo e diverse
imbarcazioni turistiche.
Al termine della lunga passeggiata sul
lungomare si approda a via Posillipo, che serba un altro incanto, il
suggestivo borgo di Marechiaro (da mare planum, mare calmo,
tradotto in napoletano mare chianu, da
cui l'odierno Marechiaro), dove, sullo specchio di
trasparenti acque verdine, si affaccia la famosa fenestella
immortalata da Salvatore Di Giacomo nella celebre poesia, poi
musicata, “A Marechiare”, e che conduce alla dolce collina
omonima (il suo nome deriva dal greco Παυσίλυπον,
Pausilypon, che significa cessazione dei dolori):
qui, visione d’incomparabile bellezza, è ubicato
il celebre palazzo Donn'Anna, un palazzo monumentale del XVII
secolo, che in origine si
chiamava Palazzo Medina e apparteneva alla viceregina Anna Carafa
della Stadera.
Scenograficamente proteso sul mare, con
splendidi portici, logge, giardini pensili, fu un’opera grandiosa, ma
rimase incompiuto e per secoli in completo abbandono.
Mai perdendo il suo fascino, il palazzo
ispirò scrittori e artisti, come Matilde Serao, che elaborò la leggenda
degli amanti separati (lei murata viva, lui morto in battaglia, i cui
spettri ancora di notte si cercano), raccontata nel suo libro “
Leggende napoletane”, e
Gaetano Esposito, l’ultimo grande pittore romantico
dell’Ottocento napoletano, morto suicida l’8 aprile del
1911 a soli
cinquantatré anni, provato da profonde crisi depressive, fortemente
turbato dal suicidio della giovane
Venturina Castrignani,
al cui amore aveva dovuto rinunciare perché i genitori di lei si
opponevano a causa delle ristrettezze economiche in cui lui versava. La
giovane nel 1910 si era lanciata nel vuoto da un balcone che dava sulla
Piazzetta del Leone a Mergellina, non molto distante da Palazzo Donn’Anna,
nei cui sotterranei Gaetano Esposito aveva il suo studio.
Pittore soprattutto di marine
partenopee, Gaetano Esposito ebbe una tale ossessione per questo
suggestivo romantico palazzo, che lo
ritrasse spesso e sempre dal particolare punto di
osservazione dello “Scoglio di Frisio”, una trattoria di
Posillipo molto decantata nell’Ottocento e frequentata da artisti e
letterati, situata su uno scoglio sporgente sul mare, con una bella
terrazza coperta da una tettoia e chiusa da grandi vetrate, alla quale
si accedeva attraverso una suggestiva discesa tra le rupi tufacee.
In un libro pubblicato nel
1880 Cesira Pozzolini Siciliani racconta che la trattoria era famosa per
la genovese d’annecchia, i maccheroni con le vongole, il fritto di
triglie e calamari e quelle sogliole color d’oro che escono dal mare e
saltano in padella: meraviglie gastronomiche fra le altre meraviglie
di Napoli.