Scosse il mondo intero
la tragedia di Mayerling, non soltanto drammatico epilogo della romantica
storia d’amore, impossibilitata ad avere un futuro, fra l’arciduca Rodolfo
d’Asburgo, erede al trono dell’imperatore d’Austria e d’Ungheria, e la baronessina Maria Vetsera.
Giunti al castello di Mayerling, residenza di caccia imperiale, il 29
gennaio 1889, quel fatale lunedì Rodolfo e Maria rimasero chiusi nelle
stanze, e nessuno, tranne il servo, seppe della presenza della giovane.
Per tutto il giorno prepararono lentamente il loro congedo dalla vita:
scrissero lettere d’addio, cenarono, ascoltarono le canzoni cantate da
Bratfisch, poi si ritirarono. Alle undici di sera il castello sprofondò
nel silenzio. Rodolfo, che aveva indetto per l’indomani una battuta di
caccia, alla quale aveva invitato due suoi amici, si alzò all'alba. Maria
dormiva ancora. Delicatamente le si avvicinò, le puntò la canna della
pistola alla testa, e fece fuoco. La baronessina morì all’istante, nel
sonno. Poco dopo il servo Loschek bussò alla porta. Rodolfo gli aprì
apparentemente tranquillo e gli chiese di preparare la carrozza per la
caccia e di servire la colazione un’ora dopo. Richiuse la porta, andò a
prendere dei fiori, li sparse sul corpo ormai inerte della giovane, lesse
le ultime parole vergate da Maria, È bello poter dire a qualcuno ti
amerò sempre ... e sapere che è vero!, poi le si stese accanto,
impugnò la pistola, la puntò alla tempia e, quando sentì il freddo della
canna contro la nuca, schiacciò il grilletto.
Lui solo pochi giorni prima le aveva regalato un anello che recava
incisa questa frase: In Liebe vereint bis in den Tod-Uniti nell'amore
fino alla morte.
Lei, nella sua ultima lettera alla madre, aveva scritto: Poiché non ho
potuto resistere all'amore vado con lui.
Maria Vetsera era nata il 19 marzo 1871 e aveva trascorso quasi tutta
l'infanzia e l'adolescenza seguendo in giro per il mondo sua madre e suo
padre, un piccolo nobile ungherese che si era dato alla diplomazia. Era
bella Maria, aveva occhi d'un azzurro cupo, un nasino grazioso e
impertinente, un volto leggiadro, capelli lunghissimi. Si era innamorata
di Rodolfo vedendolo qualche volta di sfuggita al Prater (il parco
naturale di Vienna), e in casa la sua “passione” per il principe
ereditario era nota a tutti, ma non veniva presa sul serio. Anche la
contessa Maria Larisch, cugina di Rodolfo, la considerava con leggerezza,
perciò si prestò a portargli un suo messaggio d'amore. Diceva: Una che
le vuole bene le manda un saluto affezionato. Maria, invece, faceva
sul serio, e non tardò a chiedere alla contessa di essere presentata a
Rodolfo.
La Larisch acconsentì a organizzare l’incontro, e il 5 novembre 1888 di
nascosto le due donne salirono nella carrozza di Bratfisch, il cocchiere
fidato di Rodolfo, e raggiunsero il palazzo
imperiale. Qui, a una porticina di servizio, li attendeva un
vecchio servitore, che le guidò fino all'appartamento privato del
principe, subito gentile e premuroso con le due ospiti.
Maria notò che il suo volto era pallido e stanco e che i suoi occhi
avevano un luccichio febbrile, e notò anche che sul suo scrittoio c’erano
un teschio e una pistola. Gli domandò perché stessero lì, e il principe
sorrise enigmaticamente, senza rispondere. E accadde qualcosa che la
Larisch non aveva previsto: Rodolfo rimase affascinato dalla giovane e le
chiese di tornare presto, presto! E Maria ritornò più volte: ormai
aveva donato per sempre il suo cuore al principe triste, e non pensava che
a renderlo felice, e a scacciare dalla sua mente l'ombra sinistra di quel
teschio e di quella pistola.
E, così, tra un incontro clandestino e l'altro, complice sempre la
contessa, si arrivò al gennaio dell'anno successivo. Il giorno 13 la baronessina scrisse a una amica: Ieri sera fui da lui, tra le 7 e le 9.
Perdemmo tutti e due la testa.
Due giorni dopo comprò per Rodolfo un portasigarette d'oro sul quale fece
incidere le parole: 13 gennaio, grazie al destino.
E Rodolfo regalò a Maria un portasigarette d'acciaio con fermaglio di
zaffiro, un braccialetto, un anello di ferro, a forma di fede nuziale, che
portava incise all'interno le lettere IL.V.B.D.T., cioè le iniziali delle
parole che formavano la frase “In Liebe vereint bis in den Tod”
(uniti nell'amore fino alla morte): una ben strana frase per un dono
d’amore ad una giovinetta!
Rodolfo d'Asburgo, l'unico figlio maschio
dell'imperatore Francesco Giuseppe, era nato il 21 agosto 1858. Colto,
sensibile, fragile, solitario, era in profondo contrasto con il severo
padre. Secondo Rodolfo l'impero austriaco si stava avviando verso la
catastrofe e, per scongiurare il peggio, occorreva rinnovare la politica
retriva della corte, andare incontro ai bisogni del popolo, accogliere le
idee “liberali” del secolo. Nonostante discendesse da un’antichissima casa
regnante, ammirava la rivoluzione francese, stimava la repubblica, e
odiava gli imperi di Russia e di Prussia con tutto ciò che essi
rappresentavano, ma le sue idee non erano condivise dall’imperatore
Francesco Giuseppe, che aveva un altissimo concetto della propria missione
di sovrano, non divideva le cure dello Stato con nessuno e, attaccato alla
tradizione, riteneva pericolosa ogni novità.
Quando Rodolfo conobbe Maria il contrasto tra l'imperatore e il figlio era
arrivato a un momento drammatico. Rodolfo era stanco ed esasperato da una
situazione che non gli consentiva vie d'uscita, e non voleva assistere da
spettatore al declino di un impero che, riteneva, sarebbe finito nelle sue
mani quando, purtroppo, sarebbe stato impossibile arrestarne lo sfacelo:
ma cosa poteva fare? Porsi apertamente contro il padre? Promuovere una
congiura militare che lo aiutasse a salire sul trono al posto di Francesco
Giuseppe?
Rodolfo aveva ereditato dalla madre l’esasperato romanticismo e la vena di
fragilità psichica dei principi di Baviera da cui lei discendeva; era un
sognatore, e in quel fatale autunno del 1888 era un uomo in crisi non
solo come principe ma anche come marito. Voleva, infatti, sciogliere il
matrimonio che lo legava a Stefania del Belgio, che pure aveva amato,
voleva riacquistare la libertà per poter avere quel figlio maschio che
lei non gli poteva dare, giacché, dopo la nascita di una bambina, i medici
avevano sentenziato che non sarebbe diventata madre mai più. Rodolfo aveva
bisogno di un erede diretto, altrimenti sarebbe stato soppiantato nella
successione. E da chi? Da qualcuno retrivo come suo padre, che avrebbero
continuato l'opera dì “seppellimento” dell'impero condotta ora da
Francesco Giuseppe. La richiesta di annullamento del matrimonio tuttavia
restò inascoltata dal papa, che informò di tutta la faccenda l'imperatore
d'Austria, il quale convocò il figlio nel suo studio e, alla presenza di
pochi testimoni, gli fece una scenata terribile, al termine della quale
gli'impose seccamente di rompere la sua relazione con la baronessina
Vetsera.
Il concitato colloquio si svolse nel primo pomeriggio del 26 gennaio. La
sera successiva ebbe luogo un ballo all'Ambasciata di Germania, e Maria vi
partecipò con la madre. Era, quello, il suo ingresso ufficiale in società,
e quando Stefania del Belgio, che rappresentava l’imperatrice Elisabetta,
assente da Vienna, passò in mezzo agli invitati, da tutti cerimoniosamente
omaggiata, solo Maria, splendida nel suo vestito azzurro chiaro orlato di
giallo, non s’inchinò, gli occhi fissi su Rodolfo che, in alta
uniforme, accompagnava la moglie. Mentre già lo scandalo dilagava, la
baronessa Vetsera afferrò la figlia per il braccio e la costrinse a
inchinarsi, e poi la trascinò via, furente.
Il tragico finale della vicenda avvenne qualche giorno dopo.
Era il 30 gennaio del 1889 quando, nella tenuta di caccia di Mayerling,
immersa nella neve, fra boschi di pini e di betulle, lontana dalla corte,
si consumò il dramma. All'alba furono uditi due spari, poi ci fu la
macabra scoperta dei due corpi senza vita ad opera del cameriere personale
dell'arciduca.
Disperazione dei due amanti che li condusse ad un doppio suicidio, un
omicidio ed un suicidio, Maria assassinata perché a conoscenza di segreti
scottanti e Rodolfo perché avrebbe rotto l'alleanza dell'Austria- Ungheria
con la Germania: tutto avvolto nel mistero, occultato, romanzato. Dramma
passionale o congiura politica, molte ombre avvolsero la tragedia, anche
se fu subito accreditata la tesi dell'omicidio- suicidio, avvalorata dal
fatto che Maria era morta un'ora prima di Rodolfo e che, dall'autopsia
effettuata sul corpo dell'arciduca, risultò che effettivamente lui era
morto per un colpo alla tempia.
Subito dopo il ritrovamento dei cadaveri il corpo di Rodolfo fu
trasportato all'Hofburg, quello di Maria, che aveva solo diciotto anni, ad
Heiligenkreuz, a cinquanta chilometri da Vienna, seduta in una carrozza
con un pezzo di legno dietro la schiena per tenerla in posizione eretta sì
da sembrare viva, e seppellita a mezzanotte nel cimitero locale.
Nel 1992 questa tragica storia, ancora avvolta dal mistero, balzò
nuovamente alle cronache quando il quotidiano popolare "Kronenzeitung"
pubblicò la notizia del trafugamento della bara di Maria e dell'acquisto
delle sue ossa polverose, riposte in tre scatole di metallo, da parte del
signor Helmut Flatzelsteiner, un facoltoso commerciante di mobili, e
riprese a suscitare interrogativi.
Comunque siano andati realmente i fatti, che si sia trattato di complotto
politico o di drammatico finale di una storia d'amore impossibilitata a
trovare sbocchi nella realtà, rimane pur sempre un innegabile dato di
fatto: due corpi ritrovati senza vita, di un uomo e di una donna davvero
uniti nell'amore fino alla morte.
Oggi, sul luogo dove si consumò la tragedia, sorge un convento
carmelitano, voluto dall'imperatore Francesco Giuseppe per ricordare il
dramma di Mayerling.