Francesca Santucci
L'amore amaro
(dall'antologia AA.VV., "Perle d'amore",
Apollo edizioni
2016)
Anne Marie Zilberman, "Le lacrime di Freyja".
Dimmi, amor mio, chi mai s'è
ricordato
di quel che in mezzo a i baci avea
giurato?
Contessa Lara
Fuori una pioggia lenta e debole dal
cielo livido scende. Le mie dita che pigiano sulla tastiera
sono fredde, come quest'aria grigio perlacea d'inoltrato
autunno, come l'intero mio corpo che ancora, a dispetto della
lontananza e del tempo trascorso, senza di te rabbrividisce.
Un'ombra paurosa che m'assedia è il tuo silenzio, certi giorni
è la mia disperazione e, anche se ormai mi sono abituata alla
tua assenza, sempre il rimpianto come una lama nella carne
penetra e a morte duole quando più intenso pensarti mi
sorprende, quando più acuta, ricordando il tuo incomprensibile
allontanamento, diviene la rabbia, alimentata dal solito
bruciante angosciante interrogativo: se davvero, come dicevi,
ero la tua vita (e allora lo ero), come hai fatto, poi, a
vivere senza di me? Ricordo ancora con chiarezza i giorni
felici del nostro incontro, soprattutto il giorno infausto
dell'ultimo saluto: lo credevo un malinconico momentaneo
commiato, invece era un definitivo congedo, ma allora io non
lo sapevo. Era marzo, non faceva freddo, no, già
sbocciavano le viole, un dolce insolito tepore accarezzava i
teneri fiori, umili, modesti, dai petali delicati ma non per
questo poco resistenti, affacciatisi fiduciosi alla vita,
ignari che di lì a poco mani crudeli li avrebbero strappati
alla terra perché delle loro delicate fragranze potessero
goderne innamorate romantiche come me. Anche tu, bello come un dio, galante
come un gentiluomo d'altri tempi, mi donasti delle viole, e mi
narrasti di Zeus che, preso d' amore per la bella ninfa Io
dagli occhi viola, prima l'aveva inseguita e sedotta
sotto forma di nube e poi era stato
costretto a tramutarla in giovenca per
proteggerla dalla folle gelosia
di sua moglie Era che, insospettita da una strana
nebbia calata sull'Argolide,
si era messa sulle sue tracce per sorprenderlo. Io,
però, senza mangiare deperiva a vista d'occhio, perché l'erba
e il fieno proprio non le piacevano, allora, per consentirle
di nutrirsi, ed anche per ricordarle la sua eterna
ammirazione, il dio tonante ordinò alla terra di far nascere
sui prati dove pascolava
un fiore leggiadro che, in onore della sua amata dagli occhi
viola, chiamò "Ion", la
parola greca per "viola".
Da quel giorno, nell'ombra dei boschi, timida, tenera e
profumata, quasi nascosta tra le grandi foglie a forma di
cuore, sboccia la violetta,
nei cui
petali vellutati (che si dispiegano in una variegata
intensità di colori e sfumature che spaziano dal viola al
giallo al bianco all'azzurro tenue)
leggenda vuole che sia possibile scorgere il volto della persona amata. Anche il
nostro amore fu così timido, nascosto, e,quando eravamo
insieme, mi pareva di essere come gli eroi del mito avvolti da
un'impenetrabile nebbia che ci proteggeva dal mondo esterno, ma
il sogno s'infranse quando quel giorno ci salutammo sul vano
della porta. Mi stringesti forte d'un ultimo abbraccio, mi
baciasti con la foga d'un condannato a morte che sta per
congedarsi per sempre dalla sua innamorata prima di salire sul
patibolo e, guardando i miei occhi verdi colmi di lacrime,
dicesti "Ti amo, ti amerò per sempre! Non piangere, ci
rivedremo ancora, mio cuore, mia stella, mia luce, donna
mia!", ma negli occhi ti lessi l'addio. Mi strinsi contro il
tuo cappotto blu e soffocai i singhiozzi, poi ti accomodai il
foulard intorno al collo e ti lasciai andare. Ti allontanasti senza più voltarti,
un'occhiata veloce all'orologio, il pensiero di certo rivolto
al treno da prendere, che ti avrebbe riportato alla tua vita
quotidiana, al tuo lavoro, ai tuoi affetti consolidati, alle
tue sicurezze, alle tue certezze. Rimasi impietrita a seguirti con lo
sguardo vacuo dietro i vetri della finestra, inutilmente
cercandoti anche dopo che eri sparito dalla mia vista, con
l'anima già moribonda, la fronte calda come di febbre,
irrimediabilmente rapita da te fin nelle fibre più profonde
del mio corpo, il cuore ardente d'amore come un ciocco
di legno nel caminetto. Non ritornasti, non ritornerai. Brividi
penetranti come tagli di rasoio attraversano le mie carni
mentre pensandoti piango e fuori la pioggia comincia a
incalzare, come se anche il cielo versasse con me lacrime
disperate. Penso che vorrei poter volare sopra questo mio
affanno, ma permango immobile come un masso, e lascio che la
tristezza e il rimpianto gravino sul mio cuore come sassi, e
resto sola con il mio silenzio, con la mia delusione, con la
mia rabbia, con il mio inutile sterile immutato amore,
nascosto e forte come le viole, che sembrano delicate ma sono
capaci di sopportare anche i più forti rigori invernali, e con
l'amara consapevolezza che fui io ad amare di più Come quando la nebbia evanescente si
dilegua restituendo alle cose, prima avvolte da magiche
sfumature, le reali forme, contro la mia volontà, svanita ogni
illusione, intatto nel mio cuore l'amore, pur amaro, permane.
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