Francesca Santucci
I CASTELLI DI BARTOLOMEO COLLEONI
(AA.VV., "I segreti di Bergamo",
Rudis
edizioni 2021)
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Fu nel castello di Malpaga, una delle costruzioni più tipiche della
Bergamasca e della Lombardia, collocato non, come altri castelli, sulla
cima d'un colle o su rocce scoscese, ma al centro di una fertile
pianura, in prossimità del fiume Serio, che il 2 novembre del 1475, a
ottant’anni, si spense il grande condottiero bergamasco Bartolomeo
Colleoni, che lo aveva acquistato nel 1456 scegliendolo come sua dimora.
Eroico capitano di ventura e uomo prestante, alto più di un metro e
ottanta, dagli occhi cerulei, affascinante a tal punto che, intorno ai
ventotto anni, ebbe una relazione con l'avvenente regina Giovanna di
Napoli quasi sessantenne, quando si congedò dalle fila del suo esercito,
la sovrana, talmente entusiasta dei suoi servigi, gli concesse l'onore
di fregiarsi del suo stemma, due barre bianche in campo rosso con ai
lati due teste di leone, al quale il Colleoni aggiunse poi la scritta:
Divi Bartolomeo Colioni De Andegavia.
Bello, coraggioso, virile, famoso, anche un
po' vanitoso (infatti sull'età barava e si scontava cinque anni), dopo
una vita avventurosa, negli ultimi anni si ritirò nella quiete di
Malpaga, acquistando, per cento ducati d'oro, insieme al latifondo
circostante, un vecchio fortilizio in rovina, del quale s'intravedono
ancora oggi i merli inglobati nelle nuove mura, sul quale fece edificare
il suo castello, inizialmente solo postazione fortificata dalla quale
sferrare attacchi con i suoi soldati, poi divenuto dimora sontuosa.
Qui trascorse gli ultimi anni della sua
vita, dedicandosi incessantemente ad abbellire il castello,
circondandosi da perfetto mecenate, com'era in uso nelle corti italiane
del tempo, di letterati e artisti, come il poeta bergamasco Jacopo
Tiraboschi e il pittore Bartolomeo da Prato, ospitando e intrattenendo
con gare, tornei e feste illustri ospiti dell'epoca, come Borso ed
Ercole d'Este, Alessandro Sforza, Gian Francesco della Mirandola, Carlo
Fortebraccio e persino il re Cristiano di Danimarca, del cui passaggio
resta traccia in un grandioso affresco.
Attualmente Malpaga, di cui ignoto resta
l'architetto, sicuramente di capacità e fama notevoli a giudicare
dall'eleganza della costruzione, non differisce molto dal primitivo
aspetto, se si eccettuano gli imponenti lavori di restauro che hanno
consentito il recupero di molte sue opere di grande valore storico-
artistico e di renderlo
teatro di rievocazioni storiche.
Al complesso fortificatorio, di forma
quadrata, realizzato in ciottoli alternati con masselli di cotto, con le
sue torri merlate, circondato da fossati invasi in primavera di erbe
verdissime, si accede tramite un ponte levatoio ligneo appoggiato a un
battiponte in muratura, con un cortile di armoniosa struttura, portici
ad arco e robuste colonne culminanti in capitelli su cui sono riprodotti
gli stemmi del Colleoni.
I muri, robusti e massicci secondo la
caratteristica dell'epoca, sono affrescati con scene di battaglia, di
feste, dame, cavalieri e soggetti sacri. La loggia è adorna di affreschi
rievocanti le lotte storiche dei bergamaschi contro i milanesi.
Al primo piano si accede mediante due scale
a mattoni, dove ci si trova subito al cospetto di una fuga di stanze
ampie e disadorne, con grandi finestre rettangolari ed enormi caminetti
irrimediabilmente in disuso. Attraverso una porticina della parete a
ovest si entra, poi, nella stanza del Capitano, quella in cui spirò; ha
una grande finestra protetta da una robusta inferriata, un piccolo
tavolo d'altra epoca, vari affreschi cinquecenteschi e, sul fondo di una
nicchia, circondata da una cornice in gesso aggiunta nel '700, una
Madonna con Bambino tanto cara al Colleoni.Alla torre castellana, da
dove probabilmente il suo sguardo azzurro spaziava verso la pianura in
cerca del nemico, si perviene attraverso una scala in legno.
Visitare il castello di Malpaga è proprio
come salire su una macchina del tempo e fare un bel salto nel passato e,
se la fantasia sostiene, può sembrare di vedere contadini con le schiene
curve tra i campi, soldati in pesanti armature pronti a recarsi in
guerra, castellane in trepida attesa del loro ritorno, cavalieri al
galoppo su destrieri riccamente bardati avanzare tra corni di caccia e
squilli di tromba per un'imminente caccia al falcone o per un torneo, e,
sovrastante gli altri partecipanti, più alto e più fiero di tutti, il
valoroso capitano di ventura che onorò Bergamo tanti secoli fa.
Ma l’atmosfera è suggestiva anche intorno
all’altro castello del condottiero, il castello di Cavernago, poco
distante da quello di Malpaga, risalente almeno al XIII secolo.
Situato ai confini del paese, fu acquistato
dal Colleoni quattordici anni dopo quello di Malpaga per la figlia
Ursina, che sposò nel 1451 il conte Gherardo Martinengo, ed infatti il
castello fu a lungo dei conti Martinengo Colleoni.
Il Colleoni, quando non era impegnato in
battaglia, pur abitando nella rocca di Malpaga, amava seguire
personalmente le opere di ristrutturazione di questa splendida
residenza, ed anche delle case coloniche circostanti, provvedendo a
migliorare l’agricoltura e l’irrigazione dei campi e risollevando, così,
a nuova vita tutto il paesino di Cavernago.Alla sua morte il possedimento passò ai
Martinengo Colleoni, che trasformarono definitivamente il fortilizio in
residenza rinascimentale, ed è in particolare al conte Francesco
Martinengo che si deve l’attuale aspetto del castello.
Il Martinengo, pur emulando il Capitano,
non riuscì, però, nell’intento di realizzare grandi opere di
miglioramento, anche se ci provò, piuttosto trasformò il castello in una
corte fastosa, specialmente in occasione del matrimonio della figlia
Caterina con il marchese Enzio Bentivoglio di Ferrara, con un
ricevimento con musiche, danze e balli che attirarono più di ventimila
persone e che così fu ricordato nelle “Effemeridi” del 10 maggio 1602:
Non vide mai la patria nostra giornata più
di questa lieta, in cui per le nozze di Caterina, figlia del Conte
Francesco Martinengo maritata in Enzio Bentivoglio, furono tanti i
giochi, giostre, tornei con superbi apparati marziali, simulacri,
comiche leggiadre, nobili invenzioni, gloriosi spettacoli, cavallereschi
cimenti, soavi musiche, leggiadri balli, oggi e ne’ seguenti giorni
presentati in Cavernago, che alle solenni feste furono assistenti da
ventimila persone, ognuno sempre mutolo per lo stupore e le grandezze.
Uomo singolare, il Martinengo amò sempre il
fasto e la pomposità. Per recarsi a Bergamo, a far visita a due figlie
che aveva in convento, viaggiava addirittura in una carrozza scortata da
quaranta archibugieri a cavallo, ma non dimenticò mai il suo passato di
uomo d’arme e, non di rado, fu anche coinvolto in fatti di sangue, che
costrinsero le autorità a prendere provvedimenti nei suoi confronti.
Costruito in ciottoli locali, circondato da un largo e profondo fossato,
un tempo provvisto di un ponte levatoio ligneo, poi sostituito da un
raccordo in muratura, il castello è un classico esempio di costruzione
dell’epoca. Privo di merli, camminamenti, torrioni e androni, tipici
delle fortezze militari, più che come fortilizio si presenta come dimora
familiare, che assicurava ai suoi residenti protezione e sicurezza ma
anche agi e comodità, com’era tipico del periodo rinascimentale.
Sul grande portale di foggia veneziana non compare il curioso stemma
colleonesco, presente invece nell’altro castello del Colleoni, quello di
Malpaga, che fece scrivere allo scrittore francese Honoré de Balzac,
spesso ospite del salotto milanese della contessa bergamasca Clara
Maffei, che sapeva della nobile famiglia Colleoni, dello Stato della
Serenissima, la quale recava nel suo stemma tre ghiandole virili al
naturale, bensì un’aquila coronata, circondata dal collare
dell’Annunziata, con un’epigrafe latina a ricordare che il castello fu
rifabbricato alla fine del Cinquecento da Francesco Martinengo,
continuatore delle opere di bonifica intraprese dal Colleoni.
Il castello, che attraverso i secoli ha
patito molte razzie e ingiurie, al pianterreno contiene un ampio salone
dall’aspetto rustico e tante stanze minori, abbellite da mobili,
suppellettili antiche, affreschi del Barbello, una bella immagine di
Bartolomeo Colleoni, motivi pittorici che riproducono scene mitologiche,
di caccia, stemmi e allegorie di tipica grandiosità seicentesca, e al
piano superiore è adornato da deliziose colonne in stile ionico. Un
tempo era ricco di armi e armature, stendardi e trofei, poiché il
Martinengo fu insignito di molti onori militari per le sue cariche
politiche. Della sua splendida armatura in acciaio cesellata in oro,
prezioso cimelio acquistato da un museo americano e poi andato
distrutto, resta traccia in un disegno. Nei sotterranei, oscuri e
tenebrosi locali, un tempo si trovavano le carceri, poiché il castello
esercitava la giustizia a titolo di giurisdizione feudale.
Le armoniose linee architettoniche, le
belle decorazioni sulle pareti dei due piani e sotto la volta del
porticato, il poggio centrale di foggia veneziana, il giardino interno
con sentieri, fiori, piante verdi e alberi, un tempo dovevano offrire
sicuramente uno scenario molto suggestivo.
Anche il Martinengo, dunque, come il
Colleoni che, dopo aver trascorso la vita tra le battaglie, amò, poi, la
quiete del castello di Malpaga e si rivolse ad opere di pubblica
utilità, si ritirò nel castello di Cavernago e si dedicò al
miglioramento dei suoi possedimenti, addirittura pensando di continuare
i disegni colleoneschi facendo alzare il livello del lago di Endine e
sbarrare il fiume Cherio per convogliare le acque verso le sue campagne
per una migliore irrigazione dei campi, ma non gli riuscì di realizzare
l’ambizioso progetto perché la morte lo colse prima.
A testimonianza perpetua della sua
grandezza, e di quella del suo avo che per primo ne fu il padrone, resta
questa splendida residenza rinascimentale che, in tutta la sua bellezza,
eleva le sue torri a dominare la placida distesa della pianura
bergamasca.