Francesca Santucci DA DITE A DIO CON DANTE La Commedia per tutti di Vito ed Erik Di Trani
Dante è sintesi di scolastica e di mistica, di classicità e di cristianesimo, della concezione sacrale dell’Impero e di quello francescano-spirituale della Chiesa e, in maniera ancora più sorprendente, del mondo della poesia d’amor cortese e di quello, così diverso, della sapienza scolastica. Nel suo genere egli ci appare come uno dei costruttori di cattedrali del Medioevo, presso i quali etica ed estetica coabitano per l’ultima volta mirabilmente insieme, promuovendosi e incrementandosi a vicenda. Ma, per per quanto si concentri l’attenzione su questo lavoro di integrazione compiuto da Dante, vi si scopre sempre un elemento che trascende ogni possibilità di integrazione; la sua opera, la sua complessità, non è una “summa”, ma un numero primo indivisibile, ed è questo inesplicabile segreto che le ha conferito quella forza che si rinnova attraverso la storia. H. U. von Balthasar
Non smette mai di
sorprendere la Divina Commedia (fu Boccaccio, per il magistero dell’arte,
intuendone subito la grandezza, a definirla “divina”), così come l’intera
opera dantesca, intrisa di teologia, filosofia, fede, passione politica,
storia, letteratura, spiritualità, esoteria.
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…Ciò che, comunque, Dante mostrò di apprezzare moltissimo fu l’abbraccio caloroso dato da Sordello a Virgilio poiché, da solo, sarebbe bastato per far dimenticare a Dio i diversi peccatucci, non proprio veniali,commessi dal fascinoso menestrello di Goito. Senza parlare, poi, della favorevole occasione che esso forniva al Poeta per riflettere, non senza provare acuto dolore ed immenso sconforto, sulle penose e sciagurate condizioni in cui versava l'Italia a quei tempi. Già signora e padrona di mezzo mondo, portatrice di leggi e civiltà a tantissimi popoli, s'era pian piano trasformata in un luogo di malaffare, in una landa imbarbarita adatta per ospitare solo confusione e disordine. Nelle sue contrade la competizione politica era scaduta ai livelli delle risse da bettola; e lo spargimento di sangue fraterno era divenuto una faccenda di costante attualità. Causa di tutto ciò erano la fiacchezza e l'incompetenza del potere politico, unite all'odio che spezzava e distruggeva il legame esistente fra membri di uno stesso casato oppure fra abitanti del medesimo comune. La dicevano lunga in proposito i vari Montecchi e Cappelletti (le rispettive famiglie di Romeo e Giulietta, tanto per capirci!),che si dilaniavano reciprocamente nelle strade e piazze di Verona; oppure Monaldi e Filippeschi, che facevano la malora ad Orvieto; e via di questo passo! Non poteva proprio, Dante, trattenersi dall'esclamare:
"Ahi serva Italia, di dolore ostello nave sanza nocchiero in gran tempesta non donna di province, ma bordello! … … … … … … … … … … … … … … …
... ora in te non stanno sanza guerra li vivi tuoi, e l'un l'altro si rode di quei ch'un muro ed una fossa serra. … … … … … … … … … … … … … … …
O Alberto tedesco ch'abbandoni costei ch’ è fatta indomita e selvaggia … … … … … … … … … … … … … … …
vieni a veder Montecchi e Cappelletti Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura” (Purg. VI, 76... 107) (Vito ed Erik Di Trani, “DA DITE A DIO CON DANTE La Commedia per tutti”, pag.113)
Clic sull'immagine per ingrandire recensione pubblicata sul giornale "Trentatregiorni", marzo 2006
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