Francesca Santucci
CAROLINA INVERNIZIO
clic per ingrandire
(dall'antologia AA.VV., Biografie di donne famose - tra realtà, mito e leggenda, Apollo Edizioni 2020)
Gli anni Trenta dell'Ottocento registrarono in Francia un
successo straordinario del roman-feuilleton (feuilleton
da feuillet, "foglietto", a indicare un articolo di
cronaca che, generalmente, occupava la parte bassa della
pagina di un giornale), romanzi pubblicati a puntate, di
facile consumo perché basati su schemi narrativi
convenzionali, con caratteri ideologici elementari. Aumentando
il consenso dei lettori, però, ben presto occuparono spazi più
ampi e s’impose la pubblicazione dei romanzi d'appendice, che
divennero uno dei più importanti veicoli di produzione e di
diffusione di letteratura, e a lungo durarono ancora nel
Novecento. Nacquero, allora, anche grandi capolavori del
romanzo ottocentesco, come “I tre moschettieri” di Dumas padre
e “I misteri di Parigi” di Eugène Sue.In Italia tale genere
letterario si diffuse soprattutto a partire dagli anni
Cinquanta dell’Ottocento. I narratori d'appendice,
intrecciando elementi della più alta tradizione letteraria e
più elementari, elaborarono romanzi dalle tinte forti,
con situazioni eccessive, che molto avvincevano i
lettori: ricordiamo il napoletano Francesco Mastriani, autore
di opere celebri come “La cieca di Sorrento” e “I misteri di
Napoli”, e, soprattutto, la piemontese Carolina Invernizio,
una fra le più popolari scrittrici italiane, considerata la
regina del feuilleton italiano, autrice di circa centotrenta
romanzi, molti tradotti all’estero, soprattutto in America
Latina, ispirati alla cronaca nera, ai resoconti giudiziari e
ai celebri processi, dispregiativamente ritenuti dai critici,
non senza misoginia, romanzi per le domestiche, ma che
riscossero uno straordinario successo popolare.
Carolina Invernizio a vent'anni
Carolina Invernizio probabilmente fu la scrittrice più
prolifica di fine Ottocento ed inizio Novecento, seguita da un
pubblico fedele di lettrici in gran parte di estrazione
proletaria (cameriere, sartine, modiste, portinaie) e
piccolo-borghese, che evadevano nelle sue favole nere,
catturate dall’intensità dei suoi romanzi foschi, già nei
titoli rivelatori di tematiche “forti” e sensazionali, ricchi
di colpi di scena, intrighi, drammi, delitti efferati,
duelli, fughe, sparizioni, riapparizioni, veleni,
tradimenti, stupri, isterie, colpe e punizioni orribili,
vicende di perdizione, sventura e morte, storie tinte di nero
e di rosa, gotico e horror, di amore e odio, dai toni accesi,
non sempre verosimili, narrate con un lessico povero,
esasperando i contrasti, spesso adattate cinematograficamente
e televisivamente, dai tempi del muto agli anni ’50 del
Novecento, ma numerosi furono i feroci insulti e le pesanti
stroncature da parte della critica maschile contro i suoi
romanzi liquidati come storiacce terrificanti. […]Gli altri parlavan di navigatori, di arcipelaghi in fiamme, di villaggi aerei, di corsari e minatori… io li guardavo i miei compagni, attento, dubbioso ancor della Sepolta viva, io li guardava con la faccia smorta, con la mia smania di pervertimento, dubbioso ancor del Bacio di una morta.
1 Carolina Invernizio, Introduzione a “Romanzi del peccato, della perdizione e del delitto”.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Caretti - Luti, “Storia della letteratura italiana”, Ottocento, Mursia, Milano, 1973. Andrea Cantelmo, “Carolina Invernizio e il romanzo d'appendice”, Atheneum, Firenze, 1992. Angela Bianchini, “Il romanzo d'appendice”, ERI, Torino,1969.
|