Francesca Santucci

Angelina primo amore

 (dall'antologia AA.VV.,  "Racconti familiari", Md  Racconti in sogno 2024)

 

 

 

Trova spazio in queste pagine il ricordo di una tenera fragile creatura, di cui si raccontava in famiglia, internata tanti anni fa in un reparto dell'ospedale psichiatrico ‘Leonardo Bianchi’ di Napoli (allora esistevano ancora i manicomi, poi aboliti dalla Legge Basaglia), una vecchina tanto esile da sembrare una bambina, con chiari occhi celesti, che un tempo era stata una bella ragazza, dal carattere dolce e mite, ribattezzata la "pazza furiosa".
Si chiamava Angela Amoroso (nome, qui, di fantasia), ma tutti la conoscevano come Angelina primo amore, perché all'origine delle sue sventure c'era la morte dell’innamorato, conosciuto negli anni della prima guerra mondiale. Allora aveva intorno ai sedici anni e a quell’età quando il sentimento esplode, sia in pace che in guerra,  davvero è una forza inarrestabile.
Il suo innamorato lo aveva conosciuto in un rifugio, durante un bombardamento. Gli aerei passavano e ripassavano nel cielo rombando arroganti e incuranti della morte che seminavano, le bombe fischiavano, i muri si sgretolavano alzando polveri e atterrando corpi innocenti. Nei rifugi si aspettava con gli occhi sbarrati, i cuori in gola, le bocche delle donne in continuo movimento per le preghiere biascicate stringendo spasmodicamente i rosari fra le mani.
Per tutto il tempo che era durato il bombardamento lui e lei, pur senza conoscersi, si erano tenute entrambe le mani, guardandosi fissi negli occhi terrorizzati, ma già attraversati dalla luce nuova che proveniva direttamente dai loro cuori. Ad un certo punto, abbandonata ogni esitazione, il giovane si era fatto coraggio e le aveva quasi gridato:
- Se usciamo vivi da qui, ti sposo!-
Uscirono vivi dal rifugio, innamorati davvero, ma non si sposarono perché il ragazzo fu subito chiamato al fronte.
Angelina lo accompagnò alla stazione e,  vedendolo tanto triste e abbattuto, lo  rassicurò:-Vedrai, la guerra finirà presto! Tu, però, scrivimi!-
- Sì, ti scriverò. E quando tornerò ci sposeremo.-
Poi il giovane salì sul treno. In un coro di facce tristi e canzoni patriottiche, intonate senza, poi, tanta convinzione, si affacciò al finestrino e, sporgendosi, le gridò:
- A presto, Angelina primo amore! Ricorda: ti amo, per sempre!-
Il treno si mosse e, finché non scomparve, i due innamorati continuarono ad agitare le mani  l'uno in direzione dell'altro.
La ragazza sostò ancora qualche minuto e solo quando  il fischio del treno non si sentì più nemmeno in lontananza si decise a ritornare a casa, ad aspettare.
E aspettò, per giorni e giorni, il suo ritorno, sognando il matrimonio con uno splendido abito bianco di tulle guarnito di preziosi merletti ricamati a mano, pregustava il sapore delizioso della torta nuziale, il Gâteau de mariage, con crema e morbida panna, a tre ripiani, con gli sposini di plastica collocati sulla parte più alta del dolce, e quello dei candidi confetti ripieni di pasta di mandorle, e poi fantasticava sul viaggio di nozze a Roma, a Firenze, a Venezia, con le foto ricordo tra i piccioni di piazza San Marco, e poi pensava ai figli che
E immaginava una vecchiaia serena e tranquilla, in compagnia dell'uomo amato per tutta la vita, ripensando a questo periodo di lontananza come a un avvenimento ormai lontano nel tempo, e sognava, sognava, cercando d'ingannare l'attesa...Ma l'attesa fu lunga e il ragazzo non tornò più.
Alla notizia della sua morte al fronte  Angelina restò come inebetita e trascorse diversi giorni in una condizione di assoluta immobilità: non piangeva e non parlava.
Inizialmente i familiari la lasciarono tranquilla, convinti che il tempo avrebbe guarito la sua ferita, ma quando Angelina si scosse dal suo torpore cominciò a comportarsi in modo strano, a pulire e a ripulire la casa perché "lui" poteva arrivare da un momento all'altro per parlare coi suoi genitori, e infine a scrivere lunghe lettere, che non mancava mai di spedire, come se il destinatario potesse ancora riceverle.
Allora la madre capì che per Angelina sconvolta il giovane non era morto e, credendo di far bene, un giorno, esasperata, le gridò:
 -Ma vuoi capirlo, sì o no, che lui è morto e non tornerà più? -
Angelina, stringendo sul seno la foto del soldato, aprì il balcone e si buttò di  sotto. Si salvò per miracolo, ma tentò di ammazzarsi altre volte. Ormai il suicidio era diventato una mania e fu per questo che i medici consigliarono un breve periodo d'internamento che, da transitorio, divenne permanente perché lei non mostrò mai alcun segno di ripresa, anzi, i disturbi si aggravarono, alternando momenti di abulia e depressione totale a stati di vera e propria esaltazione, delirante e allucinatoria. Allora gli infermieri erano costretti a legarla al letto di contenzione e a somministrarle un sedativo, finché la poverina non sprofondava in un sonno senza sogni.
Al Leonardo Bianchi tutti conoscevano Angelina e, commossi, pensavano che, a modo suo, era un'altra vittima della guerra.

 

 

@

 

Back